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Recensioni, racconti, notizie, aneddoti,commenti, cronache,critiche, favole...... a cura di Sergio di Diodoro - giornalista free lance -
mercoledì 22 marzo 2023
ASSONANZE E LINGUISTICHE AMENITA'
.La lingua italiana, per sua natura non facile e complessa, a volte offre al parlante occasioni e motivi per scivolare durante l'eloquio su risibili strafalcioni, non sempre risultato di scarsa conoscenza delle regole che governano l'analisi logica e grammaticale, ma spesso effetto di assonanze e di dissonanze che alterano in modo buffo le parole o le espressioni originali. A causa di questo fenomeno, peraltro abbastanza comune soprattutto tra coloro che coraggiosamente oltrepassano il limite del proprio bagaglio lessicale per avventurarsi in locuzioni ed espressioni a loro non consuete, l’eloquio si arricchisce di espressioni e di modi di dire che possono apparire comici, e suscitare ilarità in chi ascolta. Il tifoso che dalla tribuna dello Stadio grida a gran voce all’arbitro “vai a scuola alfabeto” in realtà non è egli stesso analfabeta ma sicuramente in quel momento concitato si lascia trascinare dalla foga e non cura la giusta dizione della parola, generando ilarità negli altri.
Diverso invece il caso di chi, sempre allo Stadio, esorta l’arbitro ( è sempre lui la vittima sacrificale) ad espellere un giocatore reo di aver commesso un pesante fallo di gioco. “Arbitro espulgilo! ” rivela infatti un difficile rapporto del parlante con la flessione del verbo espellere, e la coniazione di un neologismo nella forma imperativa, anch’esso, ovviamente, motivo di ilarità tra gli astanti…
A volte la lingua inglese si intrufola e crea ancor più problemi a chi si organizza per gli acquisti con un “gadget di spesa” o a chi esalta le doti fisiche e canore della sua “ poppa star ” preferita. Sono espressioni che certamente fanno “rabbrividare” la pelle a chi ascolta…
Così una persona che disponga di importanti conoscenze risulta “amalgamata” da tutte le parti ed in grado di risolvere ogni problema solo sollevando “il cornetto” del telefono, ovviamente con riferimento ai vecchi apparecchi, oggi in disuso. Meno grave, dal punto di vista linguistico, il lapsus di chi racconta d’aver assistito al cinema alla proiezione del film “Proposta innocente” con palese inversione della gravità relativa all’offerta ed evidente giustificazione della proposta stessa…
Un vestito di “ Giorgio Valentino”, un cappello con il “ bon bon” ed un ombrello di “ Gabriele Nazzarelli” tradiscono la natura poco elegante di chi li indossa che tuttavia non manca di “ammiccare simpatia”, non fosse altro che per il coraggio con cui si approccia all’altezzoso mondo della moda.
La “cattiva disorganizzazione” che si segnala all’interno di una struttura pubblica in realtà si traduce in buona organizzazione e ne esalta l’efficienza e la funzionalità anche se poi, quando qualcosa non funziona davvero, finisce che “tutti i pettini vengono a galla”.
Un tipo presuntuoso, saccente ed arrogante è portato a fare il “grandasso” in società ed a vantarsi di essere in ambito lavorativo “la spalla destra” del suo capo soprattutto nei faticosi momenti in cui è “oberrato” di lavoro.
Situazioni difficili, pericoli incombenti o solo false preoccupazioni generano un “patè d’animo” che difficilmente si riesce a controllare, soprattutto se si è tendenzialmente portati a dare troppo peso alle cose ed a guardare gli eventi con poco “scernimento”.
Momenti di ira e di collera portano spesso una persona ad avere un “diavolo per cappello” ed a manifestare il proprio stato di agitazione chiudendosi in se stessa, perché è sempre “meglio soli che non accompagnati”.
martedì 27 dicembre 2022
I REGALI DI NATALE
L’antica tradizione dello scambio di regali in occasione delle festività natalizie ha subìto, tempo per tempo, modifiche ed evoluzioni per adeguarsi alle esigenze ed alle nuove tecnologie che il progresso ha reso assolutamente imprescindibili per tutti, giovani ed anziani. Chi era abituato al classico sistema di un tempo che prevedeva procedure tradizionali, ma sicuramente stantie e superate, ha dovuto per forza di cose adeguarsi all’imperante ventata di modernità che consente oggi di scegliere ed acquistare un dono senza necessariamente dover uscire da casa. Ci si affida all’immediatezza dell’acquisto on line che non prevede visite di negozi iper affollati o lunghe file alle casse. Basta premere un pulsante davanti al pc ed il gioco è fatto. Il pacco arriva a casa in tempi brevissimi, non serve altro. Poco importa che si perdano atmosfere incantate come vetrine multicolori, addobbi, musiche celestiali che risuonano per le strade, incontri con la gente carica di regali, il piacere di scambiarsi gli auguri per strada, i vecchi zampognari, la neve quando c’è… Poco importa. D’altro canto ci si adegua ai ritmi della vita di oggi che non lascia spazio a inutili lungaggini. Bisogna fare presto, chissà perché. Ma quello che è ancor più sconcertante è il modo in cui si “sceglie” il regalo per gli altri. Non più l’affannosa ricerca dell’oggetto che può piacere a lui o a lei, chiunque essi siano, in considerazione dei gusti di ognuno. Si fa prima a chiedere “cosa vuoi per Natale?” Così non si sbaglia. Anzi, per farla completa “scegliti un regalo, fallo arrivare a casa mia con l’ordine on line così poi io lo incarto ed il giorno di Natale lo trovi sotto l’albero. Naturalmente poi ti rendo quello che hai speso” Un sistema che non consente errori di sorta. Tu lo scegli, lo ordini, lo paghi ed io te lo “regalo” a Natale. Possibilità di acquistare un oggetto che non corrisponda ai tuoi gusti uguale a zero. Questo sistema consente ovviamente una reciprocità per cui io ordino per me, tu ordini per te e ciascuno ordina per se stesso. L’unica accortezza da non poco conto è quella di segnalare per tempo il budget di spesa che si vuole sostenere affinchè qualche sbadato non ci si lasci andare la mano (“tanto poi mi rende quello che ho speso…).
E’ un sistema infallibile. Forse un po’ freddino, ma infallibile. Perché al momento magico dell’apertura dei doni sarai sempre certo e sicuro che quel dono che riceverai ti piacerà. Perché l’hai scelto, l’hai ordinato e , per ora, l’hai pagato tu. Niente da dire quindi sulla capacità del donatore di interpretare i tuoi gusti, le tue inclinazioni, le tue propensioni. Centro perfetto!
Certo, a riandare con la mente e con il ricordo al passato emerge una vistosa diversità, frutto dell’avanzare del moderno, del progresso, dell’evoluzione dei tempi. Si pensi a quando per scegliere un regalo bisognava uscire di casa, immergersi nel mare magnum della folla infreddolita tra le luci e le vetrine, gli addobbi di Natale, la magica e surreale atmosfera dei canti e dei suoni che si diffondevano nell’aria, incontrare gli altri, scambiarsi gli auguri, uscire dai negozi con pacchi e pacchetti multicolori. Che fatica, che stress. Senza contare la fatica mentale per scegliere un dono adatto ai gusti di chi avrebbe dovuto riceverlo, lo sforzo per interpretare i desideri e le aspettative di un’altra persona, di un familiare, di un amico, di un conoscente. Che fatica, che stress “sotto le feste…” Tutto risolto con l’avvento del moderno e della salvifica tecnologia…
E poiché il progresso per sua natura non può fermarsi, né si può arrestare, è facile prevedere per il futuro ulteriori miglioramenti che possano rendere ancor meno pesante la fase dello scambio dei doni. Si arriverà ad una fase di sublimazione per cui anche la moderna tecnica potrà essere ulteriormente perfezionata ed “alleggerita”. Il donatore potrà accordarsi con colui o colei che deve “ricevere” il regalo in modo da evitare la fastidiosa e poco elegante fase della restituzione del denaro. Per il futuro, quindi, tu scegli il tuo regalo on line, lo fai arrivare a casa tua e lo paghi, poi lo porti sotto l’albero a casa mia quando siamo tutti riuniti al momento dell’agape fraterna il giorno di Natale. Io metterò un bigliettino di auguri con il mio nome e quando lo aprirai di dirò “ Tanti auguri, ti piace?” Successo assicurato.
sabato 17 settembre 2022
QUESTO BLOG
Ho voluto creare questo blog allo scopo di rendere partecipi coloro i quali avranno la bontà di seguirlo, di alcune profonde sensazioni e di stati d’animo che, se fossi stato pittore, avrei senz’altro provato a trasferire sulla tela. Pur vantando nell’albero genealogico, però, leggiadre mani di disegnatori e ottimi pennelli, purtroppo non ricevetti da madre natura il dono dell’espressionismo figurativo. Né la capacità di musicare. Perché sicuramente un bel quadro o un brano musicale meglio si sarebbero prestati a suscitare, in chi guarda o in chi ascolta, emozioni che uno scritto può infondere solo in parte, e comunque solo in chi ha l’animo predisposto ad accoglierle.
Chi avrà costanza e procederà nella lettura si accorgerà che ogni intervento sarà sempre volto alla descrizione di sottili percezioni e di eterei turbamenti, immagini sbiadite di un mondo interiore difficile da rappresentare e, comunque, causa di molta intima sofferenza. I ricordi del passato, in particolare, rivisitati a distanza di tanto tempo ("volando indietro"), rappresenteranno il fil rouge dei racconti e del settore dedicato alla narrativa, pur risultando inevitabilmente impalpabili ed evanescenti. In linea di massima mi rivolgo a coloro i quali, dotati di non comune sensibilità, sono ancora capaci di guardare con angoscia il volto di un vecchio che muore, o di commuoversi al ricordo dei cari compagni di liceo, o di sentire un nodo in gola davanti ai colori ed alle fragranze della marina di Capri.
Certo non saranno molti in una società proiettata verso un futuro tecnologico di proporzioni incontenibili. Ce n’è abbastanza per essere tacciato di anacronismo e accusato di voler invano far rivivere sensazioni e sentimenti che appartengono a persone emotivamente fragili e non in linea con il freddo materialismo dell’epoca moderna.
Eppure io credo che nessun uomo, quantunque fagocitato dal tecnicismo imperante, nel suo inconscio abbia perduto completamente la capacità di percepire, con sensibilità, le voci dell’animo.
Perciò se pure avrò pochi lettori, saranno comunque sicuramente quelli giusti.
mercoledì 30 marzo 2022
RILEGGENDO KANT - ANALITICA TRASCENDENTALE
Mentre nell’Estetica Trascendentale Kant si è occupato della percezione, nell’Analitica trascendentale tratta dell’intellezione. L’uomo oltre a conoscere gli oggetti nella loro particolarità,ha anche di essi un “concetto universale”. Io vedo, tocco questo o quel libro per via della sua “universalità”. Nella filosofia precedente i razionalisti, sostenitori delle idee innate, affermavano che l’intellezione è superiore alla percezione e, quindi, non è derivata da essa. Viceversa gli empiristi sostenevano che l’intellezione, in quanto derivata dalla percezione, è inferiore ad essa, poiché offre non una vera realtà, ma le immagini sbiadite di essa. Kant sintetizzò le due opposte esigenze sostenendo che l’intellezione, ossia il concetto, è superiore alla percezione (concordando quindi con i razionalisti), ma precisando che nello stesso tempo essa è derivata dalla percezione (concordando, così, con gli empiristi). Una volta giunti a questo punto il problema da risolvere era quello di spiegare come dalla percezione si potesse pervenire all’intellezione . Il passaggio viene così spiegato: l’intelletto genera dei giudizi. Essi possono essere di dodici tipi, raggruppati in quattro classi fondamentali di tre giudizi ciascuna, a seconda della qualità, della quantità, della relazione e della modalità. In base alla qualità i giudizi sono affermativi, negativi, indefiniti, in base alla quantità singolari, particolari, universali, in base alla relazione categorici, ipotetici, disgiuntivi, in base alla modalità problematici, assertori, apodittici.
L’insieme di tutti i giudizi sopra elencati rappresenta i prodotti del nostro intelletto. Ad ognuno di essi deve corrispondere una particolare forma del nostro intelletto stesso che lo determina. Queste forme Kant chiama “categorie”. Secondo la qualità le categorie sono affermazioni, negazioni o dubbi. Secondo la quantità sono unità, pluralità o totalità. Secondo la relazione sono ipotesi o reciprocità. Secondo la modalità, infine, sono possibilità, esistenza, necessità. Si ricorderà che anche Aristotele nella sua logica aveva citato le “categorie” come modi di funzionare del nostro intelletto ai quali corrispondevano i modi di essere delle cose. C’era, insomma, piena corrispondenza tra il nostro pensiero e la realtà esterna. Per Kant le categorie sono soltanto dei modi di funzionare del nostro intelletto . Porsi il problema che ad esse corrisponda una realtà esterna è inutile e vano poiché l’unica conoscenza che possiamo avere è quella che può arrivarci dalle nostre facoltà soggettive , sicchè voler conoscere le cose in sé (“cogliere i noumeni”) è pretesa vana .
La conoscenza, comunque, non è solo fatta di concetti universali. Esiste un “io trascendentale” ossia un’attività universale e necessaria, una sorta di coscienza individuale che dia unità a tutte le conoscenze le quali, senza di essa, rimarrebbero staccate e frammentarie. Questa unità di coscienza, che io debbo necessariamente supporre, non può, tuttavia, far nascere in me la pretesa di affermare l’esistenza di un’anima, ossia di un’entità spirituale. Nulla autorizza a passare dalla necessità logica dell’io trascendentale ad una sua necessità reale.
giovedì 17 marzo 2022
RILEGGENDO KANT - L' ESTETICA TRASCENDENTALE (PERCEZIONE)
“ Chiamo estetica trascendentale una scienza di tutti i principi a priori della sensibilità…I criteri del gusto sono, per le loro principali fonti, empirici, e però non possono mai servire a determinare leggi a priori , sulle quali dovrebbe appoggiarsi il nostro giudizio del bello…" Così lo stesso Kant chiosando il testo nel presentare l’Estetica Trascendentale, ossia la sensazione, la percezione. Il termine “trascendentale” è coniato dallo stesso Kant, in opposizione a “trascendente”. Trascendente vuol dire “ciò che è posto al di fuori, al di là di tutte le nostre facoltà conoscitive. Trascendentale è, invece, ciò che è presupposto, logico, universale e necessario per la sensibilità di qualche cosa.
L’intuizione empirica è data dalla sintesi a priori di due elementi: uno materiale, ossia ciò che riceviamo dal mondo esterno mediante i sensi, ed uno formale, dato dallo spazio e dal tempo, chiamati, appunto, forme di intuizione.
In buona sostanza la percezione che noi abbiamo di fronte ad un oggetto altro non è che la sintesi tra ciò che le sensazioni ci danno e le forme soggettive di spazio e tempo. E a tal proposito giova chiarire cosa intende Kant per spazio e per tempo. Secondo la concezione di Newton (razionalista) essi erano due realtà esistenti effettivamente ed indipendentemente dall’uomo. Secondo la concezione di Hume (empirista), invece, spazio e tempo erano qualcosa di ricavato direttamente dall’esperienza. Kant sostiene che spazio e tempo sono soggettivi, pertanto non appartengono alle cose, ma nello stesso tempo essi hanno carattere di universalità e di necessità. Essi sarebbero come delle lenti che non possiamo togliere dagli occhi e ci presentano la realtà sotto un particolare effetto, che è poi l’unico possibile per noi. Pertanto ciascuno di noi è costretto ad accettare le percezioni (intuizioni empiriche) colte così come sono, ossia soggettive, senza pretendere di poter scoprire e sapere cosa ci sia al di là di esse… (continua)
mercoledì 9 marzo 2022
RILEGGENDO KANT - LA CRITICA DELLA RAGION PURA
La “Critica della Ragion pura”, prima opera fondamentale di Kant , parte dal proposito, dell’autore, di sottoporre ad esame i sistemi filosofici precedenti, allo scopo di vedere se essi giustifichino appieno la scienza, ossia il possesso della verità. L’esame porta ad una conclusione negativa, sia nei riguardi degli empiristi, sia nei riguardi dei razionalisti. Pare, infatti, all’autore che chiunque analizzi i metodi di ricerca degli uni o degli altri non possa mai pervenire ad una piena giustificazione della scienza. Per i razionalisti, infatti, la scienza, fondata sulle idee innate , è data da giudizi che si possono definire “analitici a priori”, giudizi universali, ma non estensivi del sapere. Se noi diciamo “il corpo è esteso” esprimiamo un giudizio che ha valore universale (non si può infatti ammettere l’esistenza di un corpo non esteso) ma che non è estensivo del sapere, in quanto il concetto non è ampliato dal predicato che ha solo la funzione di rendere esplicito ciò che è già noto. Non diversamente sono criticabili, secondo Kant, i “giudizi sintetici a posteriori” su cui fondavano la scienza gli empiristi. Tali giudizi, infatti, se sono estensivi del sapere non sono però universali e necessari. Se infatti noi diciamo “il ferro è dolce” aggiungiamo qualcosa di nuovo al concetto di ferro, ma è qualcosa di non universale e necessario. La novità proposta dal filosofo è che la vera scienza si può fondare solo su nuovi giudizi che siano nello stesso tempo universali e necessari , ed estensivi del sapere ossia “sintetici a priori” .
Quando noi diciamo che il risultato dell’addizione 7+5 è 12 affermiamo, secondo Kant, una verità che ha carattere universale ma che è anche sintetica ( la prima parte dell’addizione non contiene già in sé il risultato della seconda parte). Il concetto di 12 contiene qualcosa di nuovo rispetto al 7 ed al 5.
Quello che resta da chiarire è come i giudizi sintetici a priori possano essere possibili. E qui la grande novità della filosofia kantiana: noi possiamo “sorvolare” i giudizi sintetici a priori solo quando non possiamo pretendere di conoscere le cose come sono in se stesse, ma dobbiamo limitarci necessariamente a conoscere i “fenomeni”, ossia le cose come appaiono. Pertanto conoscere non può significare cogliere l’essenza delle cose prescindendo dal nostro modo di percepirle, ma significa invece formare una sintesi tra il mondo esterno e noi stessi. Da qui la necessità di esaminare i vari gradi della conoscenza: la percezione (estetica trascendentale), l’intellezione ( analitica trascendentale) e la ragione (dialettica trascendentale).
In buona sostanza il filosofo basa la sua conoscenza non più sull’oggetto, ma sul soggetto (rivoluzione copernicana, per Kant la verità gira attorno all’uomo come i pianeti girano attorno al sole…)
(continua)
martedì 18 gennaio 2022
PECORUM RITU
“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”.
La celebre espressione del grande maestro Eco proferita durante un incontro con i giornalisti nell’Aula Magna della Cavallerizza Reale a Torino in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Comunicazione e Cultura dei media apre infinite possibilità di dialogo e di disputa proprio in virtù della facoltà di intervento di cui ogni “legionario” dei social media oggi può disporre.
Certo non tutti gli imbecilli possono essere gratuitamente catalogati tra gli avvinazzati, come di contro non tutti gli avvinazzati possono essere considerati imbecilli, soprattutto se giudicati nei momenti di sobrietà …
Insomma, se tutti gli ubriaconi non sono imbecilli e se tutti gli imbecilli non sono ubriaconi è anche vero che un tempo, quando non esistevano i social e quando non era data possibilità di parlare o scrivere a proposito o a sproposito a tutti in modo indiscriminato, tanti problemi non esistevano.
Si seguiva una strada comune, quella che in Società veniva tracciata come via da seguire per non correre tanti rischi. Nessuno aveva la possibilità di intervenire pubblicamente e di avere una folta platea di lettori occasionali e non. L’unico modo per intervenire e per contestare sarebbe stato quello di andare in TV o alla radio, ammesso che ce ne fosse stata ragione e ammesso che fosse stato possibile ottenere parola davanti a milioni di ascoltatori. Oggi non è così: anche a personaggi di imbarazzante spessore culturale è consentito intervenire su tutti i temi dello scibile umano, pure in palese mancanza di serie cognizioni di causa. Risultato funesto è la vanagloria di cui godono i terribili influencer, ossia coloro che, ahimè, hanno la possibilità di far valere il proprio prestigio o la propria autorità personale in un certo ambito di cui si ritengono depositari di verità assolute. E il popolo dei social “ ritu pecorum” li segue spesso senza opporre adeguata valutazione critica.
Questi pseudo opinionisti che brancolano nel buio, e che utilizzano spesso spaventosi neologismi o, peggio ancora, che strapazzano in modo brutale la lingua italiana e le sue più elementari regole di grammatica e di sintassi, invadono in modo incontrollato il mondo dei social e creano adepti. Non è facile, infatti, per chi legge disciplinare la fonte da cui scaturisce tanto “sapere”. Si finisce allora per credere a tutto ed al contrario di tutto, non potendo disporre di mezzi adatti per poter valutare la preparazione di chi scrive e la sua reale appartenenza ad una categoria professionale che avrebbe legittima facoltà di intervenire scientificamente su un determinato argomento. Logica conseguenza di questo terribile marasma è lo stato di totale confusione che si crea nel popolo dei lettori…
Non sempre imbecilli, non sempre avvinazzati, ma certamente anche non sempre bene informati e ben preparati...
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