Brano pubblicato sull'Annuario "Madonna dello Splendore" n. 37 del 20 aprile 2018
Per molti secoli e per
tante successive generazioni la dinastia degli Acquaviva annoverò tra i suoi
insigni discendenti uomini e personaggi illustri i quali concorsero, in un modo
o nell’altro, a conferire lustro al casato, in ambiti vari e tra loro diversi.
Valore in battaglia,
ingegno, virtù, cultura, coraggio e tanto ardimento posti al servizio di una
costante determinazione furono elementi che caratterizzarono, ciascuno nel suo
campo, quasi tutti i componenti
familiari, tempo per tempo.
Nel secolo XI Alberico
monaco di Cassino ebbe gloria tra i contemporanei per aver in prima persona
confutato le eresie di Berengario, accogliendo le tesi di Lanfranco di Canterbury, abate del monastero di
Le Bec in Normandia e futuro arcivescovo di Canterbury. Lo stesso Alberico
avrebbe composto un’importante opera di musica sacra, prezioso testo che
purtroppo non è giunto fino a noi, ma la cui esistenza è testimoniata da
attendibili documenti dell’epoca. Scrittore fecondo, molto colto ed autore di
pregiate opere di carattere ecclesiastico fu pure Roberto di Acquaviva che ebbe
larga fama tra i contemporanei intorno al 1280 per la sua copiosa produzione di
scritti, tra i quali un rinomato “De fato
et Fortuna”, in due libri, probabilmente una sorta di trattato
escatologico.
Berardo di Acquaviva fu
per quasi venti anni (dal 1356 al 1373) Gran Priore del Priorato di San
Giovanni Gerosolimitano di Capua.
Antonio Acquaviva nel 1390, quando Luigi II D'Angiò sbarcò a Napoli
per opporsi a Ladislao II, figlio di Carlo III, approfittò della guerra che si
stava combattendo per introdursi a Teramo e conquistarne il territorio
giungendo a ricomprendervi anche il ducato di Atri. Nominato vicario generale
della Chiesa per il territorio di Offida nella diocesi di Ascoli, morì qualche
anno dopo.
Sono solo alcuni esempi
ed alcuni nomi tra quelli che in epoche diverse arrecarono splendore e gloria
al casato. Altri personaggi si distinsero in modo meno eclatante e per opere di
minore importanza senza pertanto lasciare indelebile ricordo delle loro
gesta e delle loro opere nella gloriosa
stirpe degli Acquaviva.
Quest’ultima conobbe in
realtà il vero periodo di massimo splendore a far tempo dal secolo XV.
Capacità non comuni, acume, intelligenza,
valore ed ingegno furono doni della natura che confluirono tutti, durante la
giovinezza, nella persona di Andrea Matteo III, VII Duca di Atri, (VIII secondo
alcuni storici, non pochi in verità), figura al centro di questo lavoro di
ricerca condotto alla luce di un Saggio
del prof. Vincenzo Bindi, dato alle stampe a Napoli nel 1881 ed incentrato su
studi e ricerche dedicate alla storia di Castel San Flaviano ed agli “Acquaviva
letterati”.
Andrea Matteo, figlio di
Giuliantonio, è personaggio discusso e
controverso, non fosse altro che per quanto attiene alle dispute relative
all’anno della sua nascita, ma soprattutto per quanto riguarda la conseguente
contrastata questione della sua primogenitura. I due argomenti hanno per lungo
tempo interessato storici e studiosi, atteso che fare luce sulla querelle anagrafica avrebbe consentito
di saperne di più sul nebuloso argomento relativo alla concessione di titoli e
privilegi concessi al primo nato in famiglia e, a quanto pare, non legittimamente
conferiti a suo tempo ad Andrea Matteo.
Per tale ragione in passato furono avanzate più
o meno credibili supposizioni, basate comunque su attente ricerche, che
andavano spesso e sovvertire precedenti
certezze relative all’anno di nascita di Andrea Matteo. L’illustre rampollo degli Acquaviva sarebbe
nato verosimilmente tra il 1456 ed il 1458, ma lo scarto temporale, quantunque
minimo, risulta determinante, soprattutto alla luce di successivi privilegi e
titoli onorifici riservati al primogenito del casato e che in realtà furono assegnati non a lui ma
al fratello Giovanni Antonio.
La collocazione della
nascita di Andrea Matteo nell’anno 1456 è tesi che fu sostenuta (cfr. Giovio e
Mazzucchelli) sulla base del fatto che egli sarebbe morto nel 1528 (ma per
altri 1529) all’età di anni 72, caduto in battaglia a Conversano : “Fato functus est ad Conversanum, Bario
finitimum, septuagesimo secundo aetatis anno, quum Lotrechii Galli infelicibus
armis Apulia quateretur.” (P. Giovio – Elogia)
Con processo inverso, e ponendo invece nel 1529 la data della morte,
Eustachio D’Afflitto colloca l’anno di nascita nel 1457. A rendere più
ingarbugliata la matassa devono aggiungersi svariate notizie fornite da altri
scrittori e storici, primo fra tutti Baldassare Storace ed altri suoi seguaci,
che pur tacendo in merito all’anno di nascita di Andrea Matteo, ne parlano genericamente
come figlio primogenito del Conte
Giuliantonio Acquaviva di Conversano, eludendo e bypassando ogni possibile dubbio ed ogni diatriba
relativa alla collocazione temporale della sua venuta al mondo.
Vincenzo Bindi fa esplicito
riferimento alla consultazione diretta
dell’Archivio di Atri, ma anche all’esame
dei manoscritti del dott. Nicola Sorricchio (Atri 1710-1785) il quale, quale
segretario ed avvocato della famiglia ducale aveva libero accesso a tutti i
documenti pubblici e privati della città ed aveva avuto l’opportunità di
consultare in modo minuzioso anche gli archivi di Giulianova e di Napoli, primo
fra tutti quello davvero imponente degli Acquaviva.
Il lavoro di analisi
delle varie testimonianze appartenenti alla famiglia ducale aveva quindi permesso
al Sorricchio di ricostruire in modo capillare
la storia della città di Atri ma, nel contempo,
anche di fare luce sulla genealogia del casato degli Acquaviva, fornendo
su di esso preziose notizie e particolari inediti. Notizie tanto preziose da
autorizzare il prof. Bindi a sciogliere ogni riserva in merito alle incertezze
che ne avevano fino a quel momento caratterizzato alcuni momenti della storia:
“ siamo lieti davvero di potere qui, per
la prima volta, pubblicare alcuni documenti importantissimi, i quali varranno a
correggere gli errori di quasi tutti gli istorici che ci hanno preceduto, e
mettere in chiaro l’anno preciso della nascita dell’uomo insigne (Andrea
Matteo Acquaviva ndr) del quale
ragioniamo”.
Così nel saggio dello
storico giuliese si legge che dal matrimonio tra Giuliantonio Acquaviva e
Caterina Orsini Del Balzo, figlia naturale di Giovanni Antonio Orsini Del Balzo Principe di Taranto e Contessa di Conversano,
avvenuto in data 11 aprile 1456, furono
generati, nell’ordine, Giovanni Antonio, nel 1457 ed Andrea
Matteo nel 1458. Stando così le cose ben si comprende perché Andrea Matteo non
avrebbe goduto dei diritti della primogenitura. In realtà, sempre secondo
quanto si evince dalla lettura del testo, il Conte Giuliantonio in prime nozze
avrebbe sposato La figlia del Duca di Montorio, Jacobuccia de Camponeschi , “particolarità sfuggita a tutti gli scrittori
delle cose acquaviviane “ e solo in seconde nozze, dalla moglie Caterina
avrebbe avuto, come si è detto, i due figli Giovanni Antonio ed Andrea Matteo.
Una volta fatta luce
sulla questione della primogenitura è agevole comprendere il motivo per cui ad
Andrea Matteo non andò il titolo di Conte di Conversano, “solito ad essere concesso ai primogeniti”, ma piuttosto quello di
Marchese di Bitonto. A riprova della sua tesi il prof. Bindi cita alcuni
importanti documenti dell’anno 1467 che avrebbero dovuto rappresentare prove
inconfutabili a sostegno di quanto andava affermando. Documenti, però, che già
all’epoca della stesura del saggio non esistevano più: “Le notizie il Sorricchio le tolse da alcune carte esistenti
nell’Archivio di Giulianova, da lui copiate, documenti importantissimi,
irrimediabilmente perduti, perché distrutti ai tempi dell’occupazione francese”.
Largo spazio viene
quindi concesso nel Saggio in parola alla figura di Andrea Matteo che sposò in
prime nozze Isabella Todeschini Piccolomini d'Aragona figlia di Antonio I duca
di Amalfi e conte di Celano
e, successivamente, rimasto vedovo, in seconde nozze, nel 1509,
Caterina Della Ratta.
Duca d'Atri
(dal 1481) e conte di Giulia (ma poi anche di Conversano,
dopo la morte del fratello Giovanni Antonio scomparso nel 1479 a soli 22 anni) Andrea
Matteo III fu così uno dei feudatari
più ricchi e potenti del regno. Bindi lo annovera tra i discendenti del casato
che “ tra lo splendore della ricchezza e
del potere, non dimenticarono il culto santissimo delle scienze e delle
lettere, e spesero valevolmente la vita, l’opera e l’ingegno ad incoraggiare e
proteggere i buoni studi, ed all’incremento di ogni nobile e gentile disciplina
…”.
Oltre che come ardito
combattente Andrea Matteo si distinse anche come illustre letterato e, come del
resto altri personaggi del casato, fece
parte della schiera di coloro che “nel
campo delle lettere tennero i supremi onori, e vissero amati e rispettati dagli
uomini più insigni dei loro tempi…”
Purtroppo, però, molte
opere letterarie degli Acquaviva erano
già al tempo del Bindi pressochè introvabili, anche per via del fatto che quasi
tutti gli archivi che riguardavano la
città di Atri, e di conseguenza la famiglia degli Acquaviva, andarono più di
una volta dati alle fiamme e distrutti.
La lettura del testo
assume ancor più valore se si tiene conto dei continui riferimenti dell’autore
alla ricerca attenta delle fonti alle quali attingere ed al ripetuto richiamo
alla difficoltà di reperimento di “libri
scritti e pubblicati dagli Acquaviva ” dai quali poter trarre notizie
storiche certe : “ nelle pubbliche e
nelle private biblioteche, e presso coloro che fanno raccolta di libri preziosi
e rari, le opere letterarie, di scienza politica, di morale e di religione,
scritte nelle varie epoche dagli Acquaviva, son divenute oramai estremamente
rare e spesso le ricerche più diligenti risultano infruttuose…”
Pur nella difficoltà
della ricerca delle fonti ed a fronte della loro riferita contraddittorietà la
figura di Andrea Matteo viene presentata nel saggio del Bindi come quella di un
personaggio eroico, insigne letterato ma al tempo stesso audace e coraggioso
combattente.
Impavido ed intrepido il
giovane Andrea impugnò le armi fin da giovanissimo, combattendo a fianco del
padre nelle guerre sul territorio italiano e mostrando tanto valore in
battaglia da meritare la prestigiosa qualifica conferitagli da Ferrante
d’Aragona che lo definì “suo alunno ed illustre
guerriero”. Per ardimento e temerarietà superava ogni compagno d’armi tanto da meritare, per le sue
gesta, premi di grande importanza, primo
fra i quali, senza dubbio, quello di
ottenere in sposa Isabella Piccolomini d’Aragona, nata dal matrimonio tra Antonio Duca di
Amalfi e e Maria figlia di Re Ferrante.
L’importante privilegio costituì l’ufficiale riconoscimento per le sue gesta in
armi nel territorio di Fano, a fianco di Costanzo Sforza, signore di Pesaro,
che combatteva contro Girolamo Riardo, nipote di Sisto IV.
Il luogo in cui furono sottoscritti i “capitoli matrimoniali” rappresenta altro motivo di polemica tra
il Bindi e lo Storace, colpevole, secondo lo storico giuliese, di “accumulare nella sua storia menzogne ed
errori, adulazioni ad adulazioni”.
A detta dello Storace i
documenti sarebbero stati sottoscritti a Fano dove, in realtà, si trovava
Andrea Matteo il 16 aprile 1480, data del matrimonio. Ma il Bindi rileva che
l’importante atto ufficiale fu invece siglato a Castel Nuovo dallo stesso Re
Ferrante e da Angelo di Durante, al quale era stata conferita specifica delega “come procuratore e per mandato espresso”
per poter ratificare l’atto di unione in vece dello sposo Andrea Matteo.
Le valorose imprese di
quest’ultimo continuarono per lungo tempo anche dopo il matrimonio.
Nel 1485 secondo le
cronache, (ma il Bindi corregge anche qui la data anteponendola al 1482 ) con
il grado di luogotenente curò la difesa delle province di Otranto e di Bari
combattendo contro i Veneziani a fianco del Duca di Calabria. Anche questa
volta si distinse per eroismo ed audacia tanto che Re Ferrante si sentì in
dovere di promettergli nuovamente tangibili riconoscimenti, arrivando a prospettare
come premio per le sue gesta in armi niente meno che la restituzione della
città di Teramo la quale in passato era stata tolta ai suoi avi. Questa ambita
ricompensa, in verità, non fu mai concretizzata e l’impegno fu disatteso, anche
se per tener fede comunque, in qualche modo, all’impegno assunto, il Re in data
26 maggio 1484 con atto ufficiale
decretò che “Andrea Acquaviva, Duca di
Atri, Marchese di Bitonto e Conte di Conversano, come parente e figlio
dilettissimo, sia da tutti riconosciuto quale Governatore e Preside di Terra di Otranto e Terra di Bari ,
coll’onnimoda potestà ed alla stessa manera come s’egli fosse il Re…”. Questo
incarico, quantunque prestigioso,
avrebbe gravato Andrea di non poche responsabilità, ben paragonabili a
quelle di chi comanda e governa i propri sudditi, impegnandolo a provvedere a “ tenere le marine di quelle province in bono stato, al fine di non
essere inquietate dai barbari, ponendo ed accomodando i presidi, amministrando
la giustizia a chiunque…”
Sicuramente un mandato
che attestava quanta fiducia il re potesse riservare al genero, al quale
inviava continue conferme della propria stima
“ vivete contento che, mediante lo
grande amore che sempre vi ho portato e vi porto, e le virtù vostre, sempre
faremo cosa che vi piacerà “
Ma qualcosa non girò per
il giusto verso se è vero, come è vero, che la promessa di restituire Teramo
tardava ad essere mantenuta e ciò rattristava più del dovuto l’animo di Matteo.
A questo si aggiungeva il rapporto sempre meno idilliaco con il cognato
Alfonso, duca di Calabria e figlio di Ferrante, assai geloso “degli onori tributati all’Acquaviva, il
quale era tenuto in tanta riputazione nella corte, da essere considerato quasi
un secondo sovrano”. Queste, e forse
più oscure motivazioni, finirono per convincere Matteo a fiancheggiare “col consiglio e con le armi” la congiura ordita dai Baroni Napoletani per
spodestare Re Ferrante d’Aragona.
Le pagine di storia che
seguono rappresentano un fulgido esempio di stima e di amore paterno nei
confronti di Andrea Matteo da parte del suocero, il quale davvero lo amò come
fosse suo figlio e davvero ne riconobbe le doti di rettitudine morale pur nel
marasma che seguì al momento della congiura e che caratterizzò uno degli “episodi più lugubri della storia degli
ultimi anni del dominio Aragonese in Napoli”.
Fu in effetti grande
conflitto tra tutti coloro che avevano aderito al progetto di spodestare Re
Ferrante ed il suo figliolo Alfonso, offrendo la corona a Federico,
secondogenito del Re, il quale era visto e considerato da tutti in modo ben
diverso : ” con l’equità, modestia et humanità
procurava le gratie et il favore delli huomini…”
Ministri, segretari,
generali, baroni, tutti in un modo o nell’altro presero parte alla congiura che
ebbe esito infelicissimo a tragico per molti di loro. Alla scoperta della
cospirazione, infatti, seguirono terribili pene capitali: “ … alcuni furono presi e martoriati, altri
morirono di capestro, alcuni gittati in orrende prigioni, ed altri finalmente
cacciati in bando dalla patria”. Andò in un certo senso meglio a coloro che
furono catturati e sottoposti a processo perché, pur condannati quali “rei di lesa maestà ”, ebbero tuttavia salva la vita, pur nella
perenne esclusione da “tucte e quale si
voglia dignità, tituli ed honori de contate, nobilitate, officii et cavalleria,
e di quale si voglia gentilezza” . In pratica quella che oggi sarebbe
un’interdizione dai pubblici uffici, e senza possibilità di deroga. Agli stessi, tuttavia, sarebbe stato riservato un “trattamento speciale” dopo la
morte naturale: “ … li condemnemo in modo
che perdano la testa, et loro capo sia detroncato da loro corpi, in modo che
loro anima et de ciascuno de ipsi sia separata dal corpo…“
In questo clima di generale
epurazione la figura di Andrea Matteo Acquaviva esce ancora una volta come
quella di un figlio prediletto, che il Re nonostante tutto non si sente di
condannare, non fosse altro che “ per i
meriti personali e per le benemerenze
della casa Acquaviva verso gli Aragonesi…”.
Ma a maggiore discolpa
del genero amatissimo in una lettera del luglio 1487 ne tesse addirittura le
lodi, discolpandolo da ogni collusione con i congiurati “ …il Marchese di Bitonto, essendose deportato con fede ed integritate, et
non volendo consentire con li predicti (i Baroni ribelli ndr) non è solamente preservato da tale
detentione, ma tractato honorabilissimamente…”
Andrea Matteo aveva poco
meno di trenta anni.
Il tempo che seguì fu per
lui ancora costellato di immense fortune e di eccelsi onori, in campo
letterario, negli affari dello Stato e ancor più nell’esercizio delle armi.
Proprio come valoroso combattente egli ebbe
modo di confermare, tempo per tempo, le
sue doti di grande ed impavido guerriero.
La storia delle successive
eroiche imprese post-giovanili Di Andrea Matteo III Acquaviva potrà costituire
oggetto di ricerche e di analisi future, in modo che possa essere meritatamente e
globalmente rappresentata la figura di questo eminente personaggio della
dinastia degli Acquaviva, insigne uomo di armi e di cultura.
Nota dell’autore:
Questa ricerca è stata condotta in relazione al saggio
citato, valente opera del prof. Vincenzo Bindi ed alla luce delle notizie
e delle fonti riportate nel testo
suddetto, ivi comprese dispute e diatribe insorte tra lo storico ed altri
studiosi in merito ai diversi eventi ed alla loro collocazione temporale.
Fatti ed avvenimenti
risultano pertanto raccontati cristallizzando il lavoro di consultazione e di
analisi all’epoca della pubblicazione della scrittura originale di riferimento,
volutamente omettendo gli esiti di successive ricerche che potrebbero aver in
seguito confutato quanto riportato ed aver fornito nuove e diverse conoscenze
sull’argomento trattato.
Bibliografia:
- “ Castel San Flaviano
– presso i Romani Castrum Novum e di alcuni monumenti di arte negli Abruzzi e
segnatamente nel teramano- Studi storici archeologici ed artistici del prof.
Vincenzo Bindi- Vol III- Napoli 1881
- “Scrittori d’Italia”.
Art. Acquaviva. Giammaria Mazzucchelli – Brescia 1760. Vol. I
- “Istoria della
Famiglia Acquaviva Reale d’Aragona” Baldassare Storace - Roma 1738
- De gestis Regum
Neapolitanorum ab Aragonia qui extant, libri quatuor. Albino Giovanni -
Editorial: J.Gravier, Neapoli, 1769
- “Annali d’Italia anno 1480 “- L.A.Muratori
-“Hatria-Atri” L. Sorricchio Vol III –Parte I-
- “Annali Acquaviviani –
N. Sorricchi
-“De gente Acquaviva
Aragonia – Dissertatio historica, genealogica, cronologica et oratio
panegirica- Roma 1732
- “Memorie degli
scrittori del Regno di Napoli” Eustachio
D’Afflitto – Napoli 1782
- “Sulla nobilissima
famiglia italiana degli Acquaviva “ A.C.De Bartolomei- Ascoli, 1840
- “L’Abruzzo nel
Medioevo” – Autori vari - a cura di U. Russo ed E. Tiboni – 2003
“Raccolta di memorie
istoriche delle tre province degli Abruzzi” A. L. Antinori – Napoli 1781
“Famiglie celebri
italiane – Famiglia Acquaviva F
.Basadonna – Torino 1885
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