venerdì 1 ottobre 2010

BOZZETTO
”I ragazzi che si amano non sono lì per nessuno, sono altrove, più lontano della notte”

                                   Io pure, da adolescente, inseguivo i sogni. Il prodigio degli innamoramenti, gli sguardi d’intesa rubati durante le lezioni, le mezze frasi fatte di parole importanti. Ascoltavo, la sera, nell’invulnerabile guscio della mia cameretta, le note di un disco, sempre quello, e volavo via verso le impulsive illusioni dei quindici anni, per nulla turbato dalle mie incertezze.
Masini canta oggi, per te, la nuova versione di quegli inganni, e dalla finestra della tua stanza aperta verso gli enigmi della notte, tu l’ascolti e quel motivo si perde nel buio mentre, contento e ignaro, vivi l’incanto di quel momento.
I tuoi segreti amori sono per me lontane, antiche, ineffabili memorie.
Le ragazze non indossavano jeans, ma in quarta ginnasiale vestivano ancora un grembiule nero, spesso attillato,aderente, e collettini bianchi. Il causal non esisteva. Ma le commozioni, credo, erano le stesse. I brividi, le ansie, le efferate delusioni, le prime lacrime per amore. Le gioie e i dolori che duravano un attimo soltanto, un fantastico gioco di improvvise indecisioni e fulminanti batticuori.


Nel piccolo rifugio della tua cameretta custodisci gelosamente inviolabili segreti di cui rendi partecipe solo l’amico piu fidato, complice un tacito accordo di reciproca intesa.

Io, invece, di Annalisa non parlavo con nessuno, forse per non turbare in alcun modo la sacralità di quella storia. Ma per noi era diverso. Per me avrebbe dato senso e significato ad  una giornata l’averla solo veduta, incrociando magari furtivamente il suo sguardo gia malizioso e impertinente.
Comprendo la tua mestizia sconsolata e la tua felicità schietta e incontrollata. So come puoi passare dall’una all’altra in un baleno, senza  alcun apparente riferimento a ciò che accade intorno.

E’ per questo che noto e osservo il tuo comportamento, alla ricerca continua e divertita di agganci col mio passato, per rivivere un po’ quei momenti che il tempo ha inesorabilmente travolto. Percio’ leggo nel tuo sguardo, ora fisso verso il buio della notte, nel silenzio di questa serata estiva, le stesse illusioni di un tempo, quando, quindicenne, col cuore ebbro di vita, fuggivo nel mio  microcosmo di miraggi e di lusinghe, allucinato dai colori e dalle luci che vedevo intorno, dappertutto, ovunque volgessi lo sguardo. Perciò comprendo le tue malinconie, quando a tavola non parli, quando non hai voglia di raccontare,  quando sorridi per compiacermi, eppure pensi ad altro.


La dea dei quindici armi è bella e veste d’azzurro. A lei sorridi quando, per nulla turbato dalle tue indecisioni, ti fai sedurre dai suoi incantamenti e fuggi verso i fulminei bagliori che ti regala.
Ormai adolescente, (ma quanto presto sei diventato “grande”), mi vuoi bene e tuttavia mi sfuggi, mi chiedi consigli ma quasi poi ti penti, hai bisogno di consensi eppure non vorresti. Non trovo spazio nei discorsi che fai con gli amici, ma poi, la sera, da me pretendi sicurezze per i tuoi dubbi e consolazioni per il tuo pianto.
Io pure inseguivo i sogni.

Oggi dovrei dirti che non è così. Che i poeti soffrono. Che la dea vestita d’azzurro all’improvviso scompare e non torna più. Che i padri muoiono e gli affetti restano, che Annalisa non l’ho mai più vista, che gli amici più cari possono ferirti, o che puoi perderli  per strada e che ti resta dentro la rabbia e poi il rimpianto. Dovrei illuminare la via che stai per percorrere e spezzare l’incantesimo di questa notte magica, e dei tuoi anni, rivelandoti che un mistero infinito incombe su di noi. Dirti che non brilla sempre il sole sugli amori dell’adolescenza e che essi svaniscono, come sabbia tra le dita, e che sfumano inesorabilmente tra i ricordi. Che diventato uomo troverai ostacoli posti dagli uomini: barriere, tranelli, trappole, insidie, cattiverie, inganni.
 Che la vita è un’altra cosa.


Ma mentre ti guardo, ora che fuggi lontano lontano e segui col pensiero le note del tuo Masini, ora che rivedo al mio fianco Annalisa col suo grembiule nero, ora che intendo anch’io per un istante le tue fantasie, figlio mio, io ti  seguo, quasi per incanto, e ti credo. Non sarò io a darti la prova del disinganno. Mi perdonerai per questa pietosa menzogna?

Ti chiedo di alzare un po’ il volume, per ascoltare meglio quella canzone.
Mi rifugio nel tuo mondo per un favoloso cimento. Solo il tempo di estraniarmi dal reale per poi tornare, inevitabilmente, nel reale. Il tempo di vivere, come quando avevo quindici anni, una nuova mirabile illusione e di lasciarmi, per un attimo soltanto, senza opporre difesa alcuna, ineffabilmente ingannare ancora.

Nessun commento:

Posta un commento