lunedì 4 ottobre 2010

LA FEBBRE DEI POTENTI

Secondo un amico, dalla cui spicciola filosofia ho sempre tratto utili insegnamenti esistenziali, la forza, intesa come concentramento di energie fisiche, servirebbe solo per espletare l’atto fisiologico dell’evacuazione corporale, atto che accomuna uomini ed animali.
  Nei rapporti interpersonali l’uso della forza, fisica o psicologica,  diventa uno strumento di offesa che, per sua natura, trascende il meraviglioso limbo della “buona educazione”  per  tracimare nell’uso di un’arma impropria , ma facile da usare anche da parte degli inetti: la celeberrima “cazziata”. Ovunque esista gerarchia di gradi, di ruoli, di cariche, di posizioni, dalle officine ai Ministeri, la cazziata è presente nei suoi molteplici aspetti, tutti sommariamente riconducibili a tre tipologie di base, bene individuate e distinte:

-         cazziata istintiva: forse la più genuina, immediata, espressione incontrollata di istinti altrove repressi e che in tale circostanza, in grazia del grado ricoperto, prorompono nella loro corposità e violenza, investendo come un vento di bufera il soggetto ricevente. Di solito è collegata as un motivo reale e non fittizio che giustifica, nella sostanza e non nella forma,  colui che parla, il quale trae da questa “legittimità” del proprio intervento le motivazioni che lo mettono in pace con se stesso in merito ai metodi inurbani che sta usando.

-         cazziata di comodo: assai più frequente, basata sul principio del “capro espiatorio”. Consiste nel dare proditoriamente colpa immediata a chi è presente in quel momento attribuendogli azioni che non ha fatto o imputandogli errori che non ha commesso, trincerandosi dietro la possibilità di poter parlare senza essere interrotto;


-         cazziata di esibizione: caratteristico  esempio di megalomania tipica nel soggetto complessato. E’ peculiare in  chi vuole dare prova del proprio potere ad un terzo presente, a scapito di un incolpevole dipendente,  interlocutore occasionale in quel momento.

Delle tre  solo la prima appare afferente il principio della giustizia, ma, ahimè, non quello del corretto vivere civile e dell’educazione. Comunque tutte e tre sono abusi di potere e come tali esempi di mobbing.

In nessun rapporto sociale, ove non esista un sistema gerarchico riconosciuto e formalizzato, sarebbe tollerata tale forma di aggressione  verbale. Essa genererebbe contestazioni legali, citazioni, querele. E’ quindi il sistema gerarchico che legittima tale forma di violenza , brutalizzando la personalità e la dignità del soggetto ricevente. Quest’ultimo, poiché teme ritorsioni sul lavoro da parte di chi conta di più (in quel contesto), non reagisce, deve subire passivamente, imponendosi un silenzio che mette a dura prova le sue coronarie.

La cazziata è quindi  un mezzo vigliacco per esercitare l’abuso di potere.

Si diceva poi dell’educazione. Esistono leader di successo, dotati di grande carisma, tanto diversi da quei poveri complessati che urlano e sbraitano in modo scortese e selvaggio, che riescono ad ottenere grande rispetto rimanendo tuttavia decorosamente educati e senza  intaccare la dignità degli altri. Ma sono casi. E per lo più riferibili a manager di successo che gestiscono il potere con tanta intelligenza da riuscire a dominarlo, senza subirne i deleteri fumi inebrianti  che spingono a travalicare  i limiti della creanza e dell’urbanità.

La cazziata è direttamente proporzionale al crescere della febbre del potere, il cui virus non perdona. Hai voglia a dire che i risultati si ottengono solo così.. In realtà è possibile instaurare un rapporto di civile collaborazione che non preveda strilli, urla, male parole, improperi, prevaricazioni, bestemmie ( e se si offende la mia fede?)
Certo a non dar prova della propria potenza il prestigio di fronte agli occhi degli altri ci rimette.. Nessuno dei potenti vorrebbe rinunciarvi, non fosse altro che per una questione di immagine  pubblica.

Io ho sempre parlato ai miei figli senza mai aggredirli verbalmente. Ho ottenuto di più. Perché prima che padre mi hanno sempre considerato un amico.

La forza la uso in una sola stanza di casa, quando sono solo.
 Lì davvero, a volte, può servire.

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