mercoledì 10 novembre 2010

FELICITA' E RICORDI

Ogni bene si apprezza quando si è perduto.  Non si riesce a godere appieno dell’attimo che reca serenità o gioia se non nel momento in cui esso diventa ricordo o rimpianto. Così capita che vicende del passato, rivissute nel pensiero, si arricchiscano di sensazioni ineffabili che le collocano in un limbo della mente, dal quale è piacevole richiamarle per apprezzarle a distanza. Purtroppo, però, essendo trascorse, non possono che regalare attimi di nostalgia e l’amarezza di non averne gioito quando esse erano pieno nostro totale possesso.
In realtà il “carpe diem”, o più in dettaglio, l’esortazione a godere dell’attimo che fugge, non è facilmente realizzabile se non con un forte atto di volontà che, tuttavia, in quanto forzoso, toglie spontaneità al momento di piacere, creando una situazione artificiosa. In buona sostanza ci si impone di  trarre dalla circostanza  favorevole e gioiosa percezioni di felicità che, però, risultano sempre inappaganti e sicuramente meno intense di quelle che si proveranno in seguito, quando quell’evento sarà divenuto possesso della mente, elaborato e perfezionato come ricordo.

Da ciò si trae che l’attimo di felicità, in quanto tale, non esiste. Esso altro non è che una proiezione della mente che, trascorso del tempo, rivede e migliora gli episodi trascorsi e, come un pittore sulla tela, li dipinge e li colora a suo piacimento, arrecando piacere amaro e rimpianto accorato. Questo accade del resto non solo per gli accadimenti piacevoli e lieti, ma anche per quelli tristi e dolorosi. Rivissuto a distanza un evento infausto, se non cancellato completamente e ripudiato dalla mente stessa, si attenua e si affievolisce, quasi a diventare prezioso possesso che si finisce, tutto sommato, per avere a caro.

Anche il valore ed i meriti di una persona si apprezzano quando  da essa ci si allontana. Perdere o allontanarsi per sempre da  chi si è avuto al fianco per tanto tempo serve a farne risaltare le doti e le virtù che prima non erano state tenute nella dovuta considerazione. E anche qui si resta vittime del rimpianto, per non aver detto o fatto qualcosa che sarebbe stato doveroso dire o fare.
Lo stato di calma piatta, di serenità totale, di perfetta quiete non esiste.
Guardare tutto ciò che avviene senza riuscire ad esaminarne veramente la portata emotiva significa far trascorrere il tempo invano, in modo asettico. Il vero momento critico, quello in cui il soggetto esplica una funzione valutativa è  sempre successivo. È solo a posteriori che si riesce ad inquadrare nella loro reale portata gli stati d’animo e ciò genera una condizione di sconforto alla quale non è possibile porre rimedio. Ecco perché, poi, si cerca sollievo nel ricordo che, implementato dei fantastici ghirigori della mente, rappresenta episodi ed avvenimenti del passato filtrandoli attraverso una rete di false emozioni, che li rendono diversi, migliorandoli,  da come erano nella realtà.
Per tale ragione mai uomo potrà godere appieno dell’attimo che scorre, quantunque in una situazione di apparente felicità.

L’istante di felicità è una chimerica illusione che si vive, di riflesso, quando è già trascorsa, ed è scivolata via come sabbia tra le dita