mercoledì 19 ottobre 2011

ECCO PERCHE’ FUNSINO E’ STATO E SARA’

Un manoscritto appena leggibile, di epoca imprecisata ed imprecisabile, pare far luce sul misterioso dilemma che avvolge la figura di Alfonso di Battaglia, i cui riferimenti storici sembrano conferire credibilità ad un’ impossibile leggenda metropolitana, in base alla quale il buon Funsino avrebbe partecipato a tante vicende, in epoche così diverse e tra loro lontane, da legittimare la credenza di una sua longevità che andrebbe a superare i 170 anni di vita.
A fronte di questa inverosimile congettura, il recente ritrovamento del manoscritto fa luce in modo abbastanza plausibile su ogni fantasiosa supposizione, andando a chiarire alcuni punti essenziali di quella esistenza, per alcuni tratti così mitizzata da apparire addirittura inventata e non reale.
Si legge, a stento e con difficoltà, nel manoscritto, che per venire a capo di tutta la vicenda e per comprendere appieno la verità insita nella tormentata biografia di Alfonso di Battaglia, occorre procedere ad un’analisi fonetica e semantica del suo nome di battesimo, più in particolare del suo nome di battesimo così come pronunciato nel dialetto del suo paese di origine (Ripattoni di Bellante), ossia “Funsino”.  E’ lì la chiave del mistero. Chiarisce il manoscritto, infatti, che in testi più recenti il nostro onnipresente eroe viene spesso chiamato Enzino de Battaje”, o, in alcune scritture, anche “E’nzino” ove la grafia con il desueto accento sulla “E” all’inizio della parola starebbe ad indicare la terza persona singolare del verbo essere, esistere. In buona sostanza attesterebbe l’esistenza in vita del personaggio al momento in cui si svolgono le vicende che si vanno narrando. La grafia “Funsine”, a questo punto, non può che riferirsi ad un individuo già vissuto (lo chiarisce il “Fu”all’inizio della parola) per cui tutti gli eventi che fanno ad esso riferimento vanno attribuiti a persone e personaggi che, intrisi della sua stessa natura, si comportano così come egli si sarebbe comportato se fosse stato in vita in quel momento.
Questa strepitosa e per  certi versi sconvolgente scoperta fa luce sui mille episodi che vedono protagonista il nostro Funsino e rende finalmente giustizia alle malevole detrazioni dei suoi calunniatori e di tutti coloro che hanno dubitato, anche per  un attimo soltanto, della veridicità dei racconti e delle vicende che continuano ad emergere dai polverosi manoscritti del nostro solaio.

QUEL FATIDICO GIORNO

Non so se credere o non credere a questa davvero sconvolgente notizia che traggo da un settimanale sconosciuto che data agosto 1969 e del quale è andata perduta la prima pagina di copertina, cosa che rende impossibile risalire alla testata. Trovo la rivista semidistrutta all’interno della cassapanca del solaio, sul fondo, rosa dai topi. Quello che riesco a leggere, con i brividi addosso, è questo brano, parziale ricostruzione del pezzo originale:

“”” Nel momento in cui il primo astronauta (Armstrong alle 4,57 ora italiana del 21 luglio 1969, ndr) ha posto piede sulla luna , precedendo di poco  il collega Aldrin, ha pronunciato le seguenti parole “Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande passo per l’umanità”…….
…….. La cosa curiosa, però, è che nel pronunciare la frase ha dato l’impressione di  leggere una sorta di scritta  posta su un cartellone di cartone, qualche metro davanti a lui………
…….. Da un esame approfondito della prima foto pervenuta alla Nasa, con un forte ingrandimento, sembra potersi ricostruire, a stento e con molta difficoltà, questa strana iscrizione “”quoste aè nu passotte pe l’ommene, ma nu passe grosse pe lu monne, Fdb””

Un’attenta ricognizione conferma che nessun altro giornale dell’epoca ha fatto riferimento a questo sconvolgente episodio. Nessuno, d’altro canto, avrebbe potuto decifrare la scritta, se non uno in grado di interpretare la grafia del dialetto abruzzese. Ma cosa pensare di questa storia? Quella sigla finale che vuol dire? Davvero significa Funsine de Battaje?
L’ipotesi, sconvolgente e sconcertante, quantunque incredibile, è che Funsino avesse preceduto di poco (ma come, ma quando?) l’arrivo del LEM sulla luna, dopo aver viaggiato, da clandestino, all’interno del modulo di Comando “Columbia” insieme con gli altri tre astronauti.
A questo punto la famosa frase sopra riportata sarebbe da attribuire a lui, e risulterebbe solo tradotta da Armstrong, capace non si sa come di comprenderne immediatamente il senso, pur nella per lui difficilissima grafia italo-dialettale.

FORTUNA E SFORTUNA

Se non hai mai vinto alle lotterie, se non riesci a fare il lavoro che ti piacerebbe fare, se non ti puoi permettere di vivere senza lavorare o di poter viaggiare per tutto il mondo frequentando alberghi a 5 stelle, se non tanti anni senza accusare gravi problemi di salute, se non hai una barca o un cospicuo conto in banche italiane ed estere allora tu hai più sfortuna dei milioni di persone che questa settimana conducono quel tenore di vita.

Se non hai mai vissuto i pericoli della guerra, la solitudine di essere carcerato o l’afflizione della fame stai meglio di 500 milioni di esseri umani; se ti sei alzato questa mattina con più salute che malattie, allora tu hai più fortuna dei milioni di persone che non sopravvivono questa settimana.

giovedì 13 ottobre 2011

DE MORALITATE FUNSINI




Tra le polverose carte del vecchio solaio, già preziosa fonte di molte altre importanti scoperte, ho avuto la fortuna di rinvenire un vecchio manoscritto, probabilmente un appunto anonimo e riservato, dimenticato in mezzo ad un  gruppo di verbali relativi a  deliberazioni licenziate durante le sedute di qualche antico Consiglio di Amministrazione all’interno del quale, a quanto pare,  Alfonso doveva ricoprire una carica di grande prestigio.
La lingua, non più latina e non ancora italiana, consente una datazione approssimativa, correlata alle prime espressioni del volgare italiano:

Narrant historiae Alfunsinum battagliae fuisse magnum porcum in rapportis cum mulieribus suorum amicorum. Dicitur, infattim, habuisse magnam abilitatem in inventamento scusas finalizzatas ad unum solum scopum: giacere supinus cum moglibus amicorum in assentiam maritorum.
Ad ottenendum tale risultatum convocavat spessum riuniones cum suis sottomissis et durante sedutam, cum scusa improvvisa urgentia urinaria, se allontanabat in cessum ubi eum attendebat mulier sbardellata uni consilieri et avec custim  ipse Alfunsinu  copulavat cum rapida sveltina.
Avvenit olim diavolum mettisse codam et esecrabile eventum disturbavit quietam copulationem Alfunsini. In media fase amplessi , infattim, se presentavit in cessum consilieris affettus improvvisa  cacarellatio  avec spruzzum et pertantum bisognosus impellentemente cessi.
Ubi vidit Alfonsinum giacentem cum sgualdrina muliere, consilieris riconobbit suam mogliem ergo fuit presus magna irritatione et iniziavit spruzzamentum merdae addossum Alfunsini et concubinam sicut cannonem.
Narrant historiae Alfunsinum habuisse magnam sveltezzam ad evitandam merdam sed colpivit cum nuca spigolum cessi et cascavit svenutum. Solum in seguitum, ad risveglium, fecit ritornum in aulam ubi erat ancora in corso seduta consilii et, cum magna sagacia, riuscivit convincere astantes suae innocentiae. Dixit, infattim, in media sua pisciatione, vedisse consilierem giacentem cum propria muliere in cesso et  fronte tanta insolentia habuisse mancamentum, causa magnam offesam arrecatam suae moralitati et suae profondae rettitudini.

martedì 11 ottobre 2011

IL CONGIUNTIVO SCONOSCIUTO





L’esame comparato della lingua parlata e di quella scritta da parte della maggior parte della popolazione italiana, con particolare e più specifico riferimento ad una ben definita fascia di età (16/25 anni), richiede un intervento immediato, ristoratore, mirato alla salvaguardia del corretto uso del congiuntivo. Bistrattato, eluso, mortificato, ignorato e vilipeso, il congiuntivo necessita di aiuto, per essere riportato in auge, e per essere riposizionato nel suo giusto ruolo linguistico. Un’operazione che è senza dubbio più difficile di quanto possa sembrare, atteso che il parlante fa di tutto per evitare l’incontro diretto con questo modo verbale e per relegarne  l’uso ad una mera esibizione di eleganza riservata a pochi eletti. Non è così, naturalmente. Stride sentir utilizzare da giovani professionisti esperti in diversi settori dello scibile il modo indicativo, così povero e mal vestito, preferito tuttavia al forbito congiuntivo al quale, peraltro, viene tolta in modo forzoso ed ingiusto la doverosa allocazione all’interno della frase.


Non sembra d’altro canto che la cosa rappresenti un cruccio, dal momento che nessuna inibizione e nessun minimo imbarazzo si evincono  in chi ripetutamente applica alle coniugazioni verbali questo nuovo ed attuale modo temporale che, con ardito neologismo, registrerei nella grammatica come “congiuntivo sconosciuto” .
Il congiuntivo sconosciuto trova applicazioni diverse, sostituendo l’arcaico congiuntivo presente (“è inutile che io venga”  con il più moderno indicativo  “è opportuno che io vengo”) oppure anche semplificando proposizioni consecutive e concessive ( “devi parlare in modo che io possa capire” diventa “devi parlare in modo che io capisco;  benché io non sappia nulla di questa storia diventa “benchè io non so nulla di questa storia”) e così via.  Questa forma semplificativa danneggia ovviamente l’udito ma rende la vita facile al parlante, evitandogli pericolosi passaggi nei meandri di un intricato gioco di congiungimenti verbali in mezzo ai quali finirebbe per perdersi senza possibilità di scampo per via della sua meno che mediocre preparazione grammaticale.


Così nei discorsi di questi nuovi linguisti e di questi grandi  trasgressori che stravolgono la funzione di quello che a buona ragione può essere considerato il costituente più importante della frase, il congiuntivo subisce reiterate umiliazioni che non devono e non possono essere tollerate.
A giusto diritto, quindi, facendomi portavoce di analoghe istanze sollecitate da parlanti che, come me, inorridiscono di fronte a tanto scempio, per le ragioni esposte, delle quali peraltro molto più a lungo si potrebbe scrivere e parlare,  ho il piacere e l’onore di comunicare ai lettori del Blog la nascita e la costituzione ufficiale della “”NUOVA ACCADEMIA ITALIANA PER LA RIABILITAZIONE DEL MODO CONGIUNTIVO””” alla quale sono iscritti d’ufficio tutti coloro che si dicono disposti a togliere immediatamente il saluto a chi fa uso del “se” con il condizionale.

Altri criteri di ammissione sono la perfetta conoscenza della lingua italiana e la capacità di convertire in modo estemporaneo ogni frase che lo richieda con l’inserimento del modo congiuntivo nei suoi tempi, semplici e composti.
Chi pur non essendo in possesso dei citati requisiti volesse comunque diventare membro dell’ Accademia dovrà cospargersi il capo di cenere ed improntare un discorso davanti alla Commissione ammettendo di aver umiliato fino ad oggi il Modo Congiuntivo, escludendolo dalla sua parlata quotidiana, e dirsi altresì disposto a riammetterlo incondizionatamente nelle frasi e nelle proposizioni che andrà ad usare per il resto dei suoi giorni.
Tutto ciò perché non si dica che l’Accademia è una setta linguistica riservata a pochi eletti……

L’ONNIPRESENTE FUNSINO



Il mio amico ricercatore, che per via della sua onestà intellettuale non mi invia materiale se non quando esso trovi effettivo riscontro nella storia e nei suoi più sconosciuti eventi, dopo lunghe ed estenuanti indagini mi relaziona in merito ad un periodo della vita di Alfonso di Battaglia che trova agganci in epoca relativamente a noi vicina, a riprova della longevità del personaggio cui la sorte regalò onnipresenza nei periodi topici della storia umana:


Caro Sergio,
tu che ancora, impavido e burbero, scacci le false voci della vanità, tu solo puoi capire l'ardente fuoco e brama di verità che mi costringe ad andare avanti per la stretta ed erta via della conoscenza.
Sulle tracce di Alfonso Di Battaglia. Un brandello di verità, un racconto sommesso, leggende metropolitane. Non riesco a discernere il vero dal falso.
Fatto sta che lo ritroviamo, ormai vecchio e sdentato, a fianco del Vate nell'impresa di Fiume. Ancora Lui in testa alla marcia su Roma.
Pare che lo stesso Duce lo venerasse come un idolo. Solo al Venerabile erano concesse certe impudenze, se e' vero, come non ho ragione di dubitare, che durante l'udienza dell'ambasciatore Inglese nella Sala del Mappamondo, all'usuale invito del fascistissimo Starace, "saluto al Duce!", rispondeva il sonoro pernacchio dell'astante Alfonso, sotto lo sguardo indulgente di Benito.
Che fosse fascista non possiamo dirlo. Anzi alcuni lo dicono il vero simbolo della lotta partigiana. Ormai quasi centenario, ma ancora attivissimo, inizio' ad apostrofare Mussolini come "llu' scuppat panzon" tra una bestemmia ed una blasfemia. Continuo a trovare testimonianze che vanno avanti nel tempo. Ma sono vie che non voglio seguire. Che mi portano quasi fino ai giorni nostri. Ciò non può essere, che' avrebbe quasi 170 anni.

Caro Sergio, anche se ti conosco oberato dalle gioie del mogliume, figliume, nipotume, tennisume e ufficiume, in questi momenti di ritrovata libertà, in questi attimi fugaci che ci fanno intravedere un futuro migliore di un passato peggiore per colpa dei delinquenti che appestano il mondo, caro Sergio dicevo appunto, immergi anche tu le mani nella melma della storia e nutri la sacra fiamma della verità e della giustizia.

Viva l'Italia!