sabato 26 dicembre 2020

DILEGGIARE SENZA PUDORE, MA CON ARTE ED ELEGANZA

Divertire chi legge raccontando i guai degli altri e descrivendo i vari metodi suggeriti dalla necessità a chi ogni giorno deve lottare per procurarsi da mangiare e, quindi, per sopravvivere. Convincere il lettore che nella vita c'è chi lotta aguzzando l'ingegno per trovare il modo di sopperire alla poca generosità degli altri, ove non alla loro palese ingordigia. Divertire, infine, dipingendo un caleidoscopico bozzetto di personaggi accattoni, fuoriusciti politici, gentiluomini caduti in rovina, tessendo per essi una storia comune ed universale:quella che da sempre interfaccia i potenti ed i meno abbienti, i danarosi padrini ed i loro umili servi, ai quali ultimi è devoluto il non facile compito di sfornare continui espedienti per "farla in barba al padrone" ed assicurarsi il pane quotidiano. Tutto ciò è narrato in un rarissimo e curioso libello di autore ignoto, dato alle stampe in tre diverse edizioni nella Spagna opulenta della metà del Cinquecento e poi bandito e messo all'indice dall'Inquisizione nel 1559 per il suo contenuto irriverente, tutto incentrato a porre in cattiva luce l'esasperato lirismo delle narrazioni cavalleresche e pastorali che all'epoca erano tanto di moda e che certo stridevano con lo stile semplice e scorrevole del "Lazarillo de Tormes", nuova formula di narrazione, spregiudicata e completamente avulsa dai canoni delle scritture tradizionali. Fu questa ventata innovativa, peraltro non disgiunta da un linguaggio sempre colorito ed a tratti pure poetico, a spingere pubblico e critica a celebrare ed a ricercare inutilmente l'autore dell'opera, per sempre rimasto ignoto. Tutti avrebbero voluto conoscere un personaggio capace di dileggiare in modo così palese, e tuttavia non meno elegante, i ricchi del tempo, ironizzando sulla loro meschinità e sul loro arido cuore, "doti" che si ritrovano, immutate, nella società di oggi, a riprova della sconcertante attualità dello scritto e della sua ineluttabile valenza sociale. Si è anche a lungo dissertato per scoprire se l'autore potesse essere il vero protagonista delle vicende narrate (il racconto è in forma autobiografica) o solo un dotto conoscitore di testi stranieri o, forse, un eccezionale osservatore capace di riportare in forma letteraria le abitudini ed i malvezzi in uso tra servi e padroni, amplificando con arguzia e non senza una punta di sottile sarcasmo l'evidente stridore tra le due classi sociali. L'anonimo autore accoglie nella sua fluida scrittura personaggi fino ad allora lasciati fuori dalla letteratura tradizionale e li rende protagonisti della scena, intessendo intorno alle loro gesta una serie di episodi che spesso culminano in atteggiamenti di pura cialtroneria, nello sforzo continuo di ricavare, sia da comportamenti onesti che disonesti, un risultato concreto e materiale. La lettura del libello è amena, rilassante, spesso coinvolgente fino al punto che si finisce per stare dalla parte di chi bara, inganna, truffa, raggira, delinque, perchè se ne condivide appieno la condizione disagiata, tanto da arrivare a giustificarne, con evidente soddisfazione, la condotta furba e sfacciata, assolutamente esecrabile ed amorale. Tutto ciò spiega la condanna all'Indice ed il successivo processo di "revisione" delle edizioni pubblicate in seguito, via via purgate di alcune sequenze, fatte salve solo le edizioni che giungevano in Spagna dall'Estero. Per un originalissimo regalo, sicuramente unico, si suggerisce la ricerca, quantunque estremamente onerosa, di una stampa in lingua del rarissimo libello ""La vida de Lazarillo De Tormes Y de sua fortunas Y adversidades", magari in un mercatino di libri antichi. Ritenendosi comunque estremamente improbabile il reperimento, si suggerisce in alternativa l'acquisto di una non meno rara traduzione, sempre che si tratti di una versione dal testo originale. La presente recensione si attiene alla fedele traslazione dall'originale pubblicato a Burgos nel 1554 e definito "Edizione princeps". Il libro, introvabile, "Lazarillo de Tormes" - in mano a chi scrive - è stato stampato a Modena per le edizioni Paoline nel 1959 e poi distribuito nelle librerie, all'epoca, al prezzo di Lire duecento.