lunedì 8 novembre 2021

QUELLA VOLTA ALLO STADIO

In piena sintonia con il leopardiano "il dilettevole è utile sopra tutti gli utili" , scaturito nell'animo del poeta in un momento di grande rigetto per gli uomini e per la loro aridità mentale, racconto ai miei cari e fedeli lettori una storia tanto vera quanto farsesca che mi vide protagonista, tanti anni fa, insieme con l'amico mio più caro, compagno di banco alle Elementari, e poi alle Medie, e poi rimasto amico, di quelli che il tempo non cancella... E' la vigilia del derby Roma-Lazio, di tanto tempo fa. Io non sono tifoso, lui non è tifoso e non ama il calcio, ma un po' per gioco, un po' per stare dietro ad amicizie comuni, siamo entrambi calorosamente invitati a trascorrere una domenica diversa e decidiamo pertanto di aggregarci ad un pullman di tifoseria organizzata alla volta di Roma per assistere al derby Roma -Lazio. E' un'esperienza nuova per ognuno di noi due. Ci avvertono che il ristoro è previsto al sacco e che ognuno deve provvedere a portare con sè quanto occorre per fronteggiare l'intera giornata, colazione, pranzo e cena. Già qui qualcosa ci suona distorto: dovendo assistere ad un incontro che inizia alle 14,30, perchè prepararsi anche alla colazione ed alla cena? Sia l'una che l'altra potrebbero ben essere consumate a casa al ritorno. Capiamo che ci stiamo sbagliando quando ci viene comunicato che la partenza è fissata alle 5,30 del mattino dalla piazza della Stazione di Giulianova e che il rientro è previsto per la mezzanotte e trenta, forse anche più tardi... Qualcosa non quadra, ma non riteniamo il particolare assolutamnente ostativo. Il viaggio di andata, durante il quale sia io che il mio amico Pippo (non è questo il suo vero nome, ma preferisce mantenere l'anonimato) ci eravamo promessi di recuperare un po' del sonno perduto per via della levataccia, è disturbato dall'ininterrotto concerto a sessanta voci di tutti i viaggiatori, esclusivamente di fede romanista, che cantano a squarciagola inneggiando alla disponibilità sessuale delle madri dei laziali ed evidenziando, con grande folklore, la copiosità delle relazioni extraconiugali delle loro mogli. Per non apparire di fede opposta, anche in considerazione del fatto che Pippo, ignorando i colori sociali delle squadre di calcio, indossa inopportunamente e pericolosamente una camicia celeste con i bordi bianchi, siamo costretti ad unirci al coro , con grande nostro imbarazzo e con molta forzatura, andando in play back e muovendo in modo goffo ed anomalo le labbra, fingendo sommo entusiasmo... L'arrivo davanti allo Stadio Olimpico avviene alle ore 9,30, il che ci lascia ben sperare in qualche ora di libertà, da trascorrere magari in un bar, davanti ad una ricca colazione. Ma non è così... Il tempo di scendere dal pullman e siamo tutti vigorosamente sospinti nella stessa direzione. ""Corri, corri"" gridano tutti a Pippo che resta indietro sbigottito guardando l'orologio. "Ma mancano cinque ore...!!" ""Correte, correte" ribadisce il capo tifoso al megafono mentre veniamo trascinati a forza verso lo Stadio. Si corre affannosamente per circa quindici minuti. Quando accediamo all'interno dell'Olimpico tutte le scalinate e le tribune sono deserte, ad eccezione di una piccola porzione di curva, già affollata. ""E' lì che dobbiamo andare" sancisce il capo tifoso che, intanto, si è avvolto in una bandiera giallorossa dalla testa ai piedi. Suggerisco a Pippo di fare altrettanto e di abbandonare per strada la sua pericolosa camicia celeste e lui resta con addosso la maglietta intima, di lana. Acquisto da un venditore ambulante una bandiera giallorossa e gliela butto addosso, a mo' di mantello. Con somma fatica rusciamo a sistemarci tra alcuni facinorosi impegnati ad inviare urla e gestacci verso la curva opposta dalla quale, di ritorno, arrivano cori, insulti, offese, allusioni in merito alla scarsa potenzialità sessuale di chi tifa Roma e richieste di appuntamenti per il dopo partita, non certo per un amichevole terzo tempo... Pippo sistema il suo piccolissimo zaino, contenente i nostri panini, al suo fianco. Ma dura poco. Dal basso un aitante tifoso indica quel minuscolo spazio, poco più di quindici centimetri, e urla con veemenza "E' libero quel posto?". Senza aspettare risposta sale su, invitando un suo amico a seguirlo e poi insieme, ignorando la legge dell'impenetrabilità dei corpi, si sistemano accanto a noi. Non riusciamo a consumare la colazione al sacco perchè il sacco, compresso tra i deretani della folla, non può essere aperto... Rinunciamo. Inizia la partita. Dalla nostra postazione, data l'enorme lontananza dal terreno di gioco, i calciatori sembrano formichine vaganti, ma nonostante ciò, il nostro vicino, evidentemente dotato di capacità visiva estremamente superiore alla norma, ravvisa un fallo di mano sfuggito all'arbitro e istintivamente, afferrando il primo oggetto che gli capita a tiro (la radiolina che Pippo aveva all'orecchio per ascoltare musica, atteso il suo totale disinteresse alla partita), e la scaglia con violenza in direzione del direttore di gara. A causa dell'enorme distanza, però, colpisce in pieno al capo uno spettatore della gradinata inferiore che, inferocito, sale precipitosamente verso di noi e strappa l'auricolare dall'orecchio di Pippo sferrandogli uno spintone che lo fa barcollare, ma non cadere, per via del totale contatto con altre masse corporee... Recuperare la radiolina nenanche a pensarlo. Inizia a piovere. Previdente quant'altri mai l'amico Pippo ha sempre con sè un ombrello di quelli chiudibili, comodissimo, adatto ad ogni occasione. E' la volta buona per usarlo e per evitare un'inopportuna e dannosa bagnata. Il tempo di aprire l'ombrello, e quindi di limitare parzialmente la visibilità ad alcuni spettatori delle gradinate superiori e, a riprova della grande spontaneità della gente ciociara, arriva dall'alto una scaricata di mondezza mista, contenente bucce di banana, avanzi di pane, tranci di mortadella, bucce di frutta varia e bicchieri di carta usati. Il messaggio, peraltro assai più efficace e persuasivo del tradizionale invito a chiudere l'ombrello,ci costringe a continuare a "gustare" l'incontro sotto l'acqua che scroscia abbondante, e ad invidiare palesemente chi siede sulle poltroncine imbottite della tribuna coperta. La bandiera che avvolge il mio amico si rivela assai presto inadatta a proteggerlo: la sua maglia di lana, intrisa d'acqua, inizia a diffondere un odore diverso da quello della lavanda... Quando la Roma segna l'unico gol della partita sia io che Pippo siamo costretti ad abbracciare alcuni vicini che sono in preda ad una sorta di incontenibile delirio... Nonostante la pioggia sferzante il mio amico è costretto a svestire la bandiera e ad agitarla in segno di gioia, esponendosi ancor più alle intemperie. E' finita. L'altoparlante annuncia che per motivi di sicurezza i tifosi della curva romanista lasceranno lo stadio per ultimi. Sono le 19,30 quando inizia il lentissimo esodo, accompagnato, sotto la pioggia, da cori e danze tribali che si protrarranno fino a tarda notte. Forse per atavico rigetto nei confronti delle massive esplosioni di gioia, non riusciamo a godere appieno di quegli indimenticabili momenti di felicità collettiva e ci appartiamo in un angoletto riparato per consumare quel che resta dei nostri panini inzuppati e compressi come sogliole. Poi si riparte. E' passata la mezzanotte. Ma sul pullman "nessun dorma".Riprendono canti e cori, urla di gioia, grida isteriche, commenti e lodi sperticate ai giocatori per tutto il viaggio di ritorno. Arriviamo alla stazione di Giulianova alle 2,30 del mattino. Prima di lasciarci, solo un laconico commento del mio amico, visibilmemnte provato, non credo per via dell'emozione che scaturisce dalla vittoria della Roma: "la prossima volta la partita la guardo in televisione. Ma, come dicono tutti, sicuramente sarà un'altra cosa..."