giovedì 22 settembre 2011

IL NOSTRO ANNIVERSARIO

23 settembre 2011
Per il trentatreesimo anniversario di matrimonio


Fu passione vera quel giorno lontano,
sentimento profondo e arcano,
incantevole unione di sensi
che non avrebbe patito, con l’età,
la corrosione uggiosa dell’abitudine.

Dopo più di trent’anni insieme
la nostra quotidianità
è per me oggi la più bella consuetudine.

Da due radici diverse, nel tempo,
un’unica pianta è nata e sviluppata.

Ma la scena più cara
di questo film ancora in svolgimento,
che è la nostra vita ormai quasi passata,
il dono che per me si rinnova ogni momento,
è l’incanto fatale del giorno che t’ho incontrata…

venerdì 2 settembre 2011

LA VITA MIGLIORE

E’ meglio vivere a lungo, anche se non felicemente, o è meglio vivere felicemente, anche se non a lungo? E’ un dilemma che affligge il genere umano, esclusa ovviamente la terza scelta , ossia quella di vivere a lungo e felicemente.
Il tema, universale, non poteva mancare nel repertorio delle profonde elucubrazioni del Leopardi che nel “Dialogo di un fisico e di un metafisico”, scritto in cinque giorni nel maggio del 1824 e ricompreso nella raccolta delle Operette Morali,  affronta il problema interrogandosi su una questione fondamentale dell’esistenza, quantunque affrancata dalla volontà dell’individuo, se si esclude la scelta del suicidio.
Il fisico insiste nel sostenere che è insito nell’animo umano un istinto primordiale alla sopravvivenza , anche se in condizioni precarie e disagiate, in una parola infelici, e conflittuali con la vita stessa. Ciascun uomo celerebbe nell’animo il desiderio di vivere a lungo, in eterno se fosse possibile, perché tale sentimento fa parte della sua particolare natura, diversa da quella di tutti gli altri esseri viventi. Ciò spiegherebbe perché tanti derelitti che vivono ai margini della società “civile” , clochard soli e abbandonati, o persone afflitte da qualsiasi altra calamità, non rinunciano tuttavia volontariamente alla vita, ma la trascinano come un oneroso fardello, in ossequio ad un impulso ancestrale. Di diverso avviso il parere del metafisico il quale, a sostegno della sua tesi, pone sull’altro piatto della bilancia proprio il suicidio, come estremo atto comprovante l’incapacità dell’uomo a vivere in modo infelice, e quindi rassegnato a togliersi spontaneamente la vita pur di non condurre un’esistenza priva di piacere.
Lo stesso metafisico rincara la dose portando ad esempio casi celebri di eroi e martiri del passato, ai quali la morte fu offerta come dono supremo, quasi liberatorio e purificatore, catartico e comunque definitivo ed esiziale.
Naturalmente è di tutta evidenza l’attualità del tema in discussione nell’edonistica società moderna, così vuota di valori e di paletti morali, interamente votata al benessere inteso come potere economico.  Oggi  vale chi ha, chi si mostra per uno che ha, chi vive felice perché gli altri credono che lo sia. Il desiderio di apparire trascende la condizione reale e la sublima, fino a dilagare nell’apologia del millantato credito.
Chiedete a costoro se vogliono vivere a lungo o morire felici come i martiri del passato…