domenica 29 luglio 2012

FUNZINO E IL CROLLO DEL '29


Una situazione analoga a quella attuale, con grave crisi dei mercati finanziari e con relativa confusione sociale attanagliò l’economia mondiale nel ’29 , anno del famoso crollo di Wall Street, assestando un duro ed irreparabile colpo soprattutto al ceto di media borghesia che aveva investito i propri risparmi in borsa, traendone lucrosi guadagni fino a quel momento.

Al disastro seguì una forte contrazione nei settori dei beni di consumo, quello automobilistico prima degli altri, e poi quelli agricolo, industriale ed edilizio. Come sempre avviene la stretta interconnessione tra Banche e mondo del lavoro finì per danneggiare tutti, perché i risparmiatori piccoli e grandi, in preda al panico, ritirarono i loro risparmi dagli Istituti di credito i quali a loro volta, per forza di cose, a corto di liquidità, dovettero tagliare i finanziamenti alle imprese, generando una sorta di ridimensionamento assai pericoloso che sfociò, nella stragrande maggioranza dei casi, in numerosi fallimenti con conseguenti licenziamenti e blocco dell’economia.

Si ritenne opportuno, pertanto, tra i vertici finanziari internazionali, andare alla ricerca di un personaggio che potesse leggere bene i numeri della crisi e trovare il capo della ingarbugliata matassa per rimettere un po’ di ordine e porre un freno alla cattiva distribuzione del reddito ed alla cattiva struttura del sistema bancario.

Non a caso, anche in quella particolare e per certi versi tragica circostanza storica, la scelta cadde su Alfonso di Battaglia, che fu immediatamente convocato al New York Stock Exchange , sede del crollo della borsa di Wall Street , e che dovette pertanto abbandonare il campo di battaglia in cui era al momento impegnato come legionario e mercenario.

Armatosi di buona volontà il prode Funzino, dopo aver parlato brevemente con alcuni commessi del Palazzo, individuò immediatamente i fattori scatenanti della crisi, e stilò un piano di risanamento di cui volle far partecipe, per motivi di riservatezza, solo il capo di un gabinetto, lui sapeva quale.

In pochi giorni l’intervento di Funzino risultò determinante e risolutore: analizzò a fondo, con il suo sistema di approccio diretto, i grandi funzionari della Borsa dopo essersi intrattenuto in uno stanzino, volta per volta, con ciascuno di essi. Ne uscirono indignati, ma soddisfatti.

Poi nominò alle cariche più importanti dei settori economico-finanziari il portiere del Palazzo e la sua signora, il bidello della scuola frequentata dal figlio, alcuni operatori ecologici suoi conoscenti, un dirimpettaio analfabeta e due fratelli gemelli di anni cinquantadue, entrambi in possesso della Licenza di quinta elementare.

Rinnovato così il quadro dirigenziale creò fiducia nel popolo e nella maggioranza dei risparmiatori, finalmente rassicurati dalla presenza di gente semplice ma onesta, coma mai era prima accaduto.

Tanta e tale era la capacità "introspettiva" di Funzin de Battaje.

mercoledì 25 luglio 2012

Funzìne e lo scandalo della Banca Romana


Una grandissima rivelazione porta di nuovo alla ribalta la figura di Funzìne. Tutti, o quasi, sanno che lo scandalo della Banca Romana fu seguito da un processo che nel 1894 scagionò tutti, funzionari, amministratori e politici, per insufficienza di prove. In quella sede pare che i giudici accolsero la tesi secondo la quale erano stati sottratti importanti documenti.

Andò veramente così? Oppure Vera Giustizia era già stata fatta pur non passando per i tribunali terreni ma rendendo inutile uno sterile accanirsi contro personaggi già lavati da una giusta punizione? Questi interrogativi trovano oggi una risposta in una incredibile (come poteva essere altrimenti?) serie di testimonianze tramandate oralmente ed arrivate fino a noi. Ancora una volta al centro di questo snodo della storia italiana, che dette vita alla nascita della Banca d’Italia nel 1893, troviamo la figura di Alfonso di Battaglia (meglio noto come Funzìne de Battàjìe).

Dobbiamo però ora tuffarci in quei giorni di fine ottocento e ricostruire come andarono i fatti. Riportiamo un ottimo contributo di uno storico:

"Nel 1889, principalmente a causa della crisi del settore edilizio, alcune banche si trovarono sull’orlo del fallimento. La cosa accreditò le voci che circolavano da tempo circa un’eccessiva emissione di carta moneta da parte delle banche autorizzate. Il ministro dell’agricoltura Miceli promosse l’inchiesta amministrativa per verificare l’operato delle banche autorizzate a stampare moneta che fu affidata al senatore Giuseppe Alvisi (già deputato della Sinistra) insieme al funzionario del tesoro Gustavo Biagini. Bisognava capire, in particolare, se il quantitativo di denaro emesso fosse congruo ai parametri stabiliti. I risultati confermarono i sospetti: la Banca romana aveva stampato 25 milioni di lire in più e aveva sanato l’ammanco di diversi milioni con una serie di biglietti falsi (duplicava cartamoneta già stampata); inoltre fu messo in evidenza il coinvolgimento diretto del suo governatore Bernardo Tanlongo. Dalle indagini emerse anche che la Banca aveva utilizzato questo denaro non solo per finanziare le speculazioni edilizie, ma anche politici e giornalisti.

Per evitare lo scandalo durante i tre anni successivi Crispi, Giolitti e anche Di Rudinì preferirono tenere segreti i risultati in nome degli interessi più alti della patria. L’inchiesta, dunque, venne insabbiata per scongiurare le conseguenze negative che avrebbe avuto tanto sul sistema creditizio che sul mondo politico."

Poì lo scandalo scoppiò comunque il 20 dicembre del 1892 ma, come anticipato, il giudice non comminò alcuna condanna.

Cosa successe? E perché? Semplicemente dopo aver letto il resoconto del Senatore Giuseppe Alvisi, Giolitti Crispi e Di Rudinì, dopo attento esame della situazione sia economica che politica decisero di affidare la questione ad un uomo migliore di loro. Qualcuno che avesse il rispetto condiviso di tutte le forze politiche, degli ambienti finanziari ed anche dei togati. Inviarono pertanto un corpo di spedizione scelto per rintracciare Alfonso di Battaglia che in quel periodo, come sempre, scorrazzava tra i campi di battaglia di mezzo mondo. I messaggeri militari recavano un laconico messaggio affidato ad un misero bigliettino: "Banca Romana" seguito dalla firma dei tre capi di governo.

Ora lasciamo parlare le testimonianze di chi ha visto e sentito: "Il giorno di Natale del 1892 uno strano viandante entrò nel portone della Banca Romana scortato da due Carabinieri. Era ancora buio quando dal palazzo uscirono i gendarmi diretti in Caserma: avevano il compito di richiamare in Banca, pur in quel giorno di festa, tutti i dipendenti, amministratori e direttori presenti sulla lista stilata dal Funzino. Fino all’ora di pranzo arrivarono alla spicciolata e scortati da militari quelli ritenuti i responsabili dello scandalo. L’allora governatore della Banca Romana Tanlongo questionò i titoli del Funzino "chi sarebbe lei?". Subito zittito da un sonoro schiaffatone, tutto capì e, piangendo, si tacque."

Terminiamo dicendo che il commissariamento di fatto della Banca Romana, non riportato in alcun documento storico ufficiale, durò complessivamente 24 ore (dall’alba del 25 dicembre 1892 all’alba del 26 dicembre dello stesso anno). Come riportano le testimonianze "Chiamato ognuno al suo cospetto, chiusa la porta e rimasto solo con l’imputato, a ciascuno dava secondo le colpe. Tutti, piangendo, si pentirono. Giustizia fu fatta."

Al processo ai giudici fu detto "C’ha penzàte Funzin". Furono clementi.

P.S. Narrano cronache successive che fu poi acclarato che il buon Funsino avrebbe "analizzato" ognuno dei suoi interlocutori, fisicamente e psicologicamente, fino a trarne il massimo risultato soddisfacente per lui e per gli altri.