mercoledì 25 luglio 2012

Funzìne e lo scandalo della Banca Romana


Una grandissima rivelazione porta di nuovo alla ribalta la figura di Funzìne. Tutti, o quasi, sanno che lo scandalo della Banca Romana fu seguito da un processo che nel 1894 scagionò tutti, funzionari, amministratori e politici, per insufficienza di prove. In quella sede pare che i giudici accolsero la tesi secondo la quale erano stati sottratti importanti documenti.

Andò veramente così? Oppure Vera Giustizia era già stata fatta pur non passando per i tribunali terreni ma rendendo inutile uno sterile accanirsi contro personaggi già lavati da una giusta punizione? Questi interrogativi trovano oggi una risposta in una incredibile (come poteva essere altrimenti?) serie di testimonianze tramandate oralmente ed arrivate fino a noi. Ancora una volta al centro di questo snodo della storia italiana, che dette vita alla nascita della Banca d’Italia nel 1893, troviamo la figura di Alfonso di Battaglia (meglio noto come Funzìne de Battàjìe).

Dobbiamo però ora tuffarci in quei giorni di fine ottocento e ricostruire come andarono i fatti. Riportiamo un ottimo contributo di uno storico:

"Nel 1889, principalmente a causa della crisi del settore edilizio, alcune banche si trovarono sull’orlo del fallimento. La cosa accreditò le voci che circolavano da tempo circa un’eccessiva emissione di carta moneta da parte delle banche autorizzate. Il ministro dell’agricoltura Miceli promosse l’inchiesta amministrativa per verificare l’operato delle banche autorizzate a stampare moneta che fu affidata al senatore Giuseppe Alvisi (già deputato della Sinistra) insieme al funzionario del tesoro Gustavo Biagini. Bisognava capire, in particolare, se il quantitativo di denaro emesso fosse congruo ai parametri stabiliti. I risultati confermarono i sospetti: la Banca romana aveva stampato 25 milioni di lire in più e aveva sanato l’ammanco di diversi milioni con una serie di biglietti falsi (duplicava cartamoneta già stampata); inoltre fu messo in evidenza il coinvolgimento diretto del suo governatore Bernardo Tanlongo. Dalle indagini emerse anche che la Banca aveva utilizzato questo denaro non solo per finanziare le speculazioni edilizie, ma anche politici e giornalisti.

Per evitare lo scandalo durante i tre anni successivi Crispi, Giolitti e anche Di Rudinì preferirono tenere segreti i risultati in nome degli interessi più alti della patria. L’inchiesta, dunque, venne insabbiata per scongiurare le conseguenze negative che avrebbe avuto tanto sul sistema creditizio che sul mondo politico."

Poì lo scandalo scoppiò comunque il 20 dicembre del 1892 ma, come anticipato, il giudice non comminò alcuna condanna.

Cosa successe? E perché? Semplicemente dopo aver letto il resoconto del Senatore Giuseppe Alvisi, Giolitti Crispi e Di Rudinì, dopo attento esame della situazione sia economica che politica decisero di affidare la questione ad un uomo migliore di loro. Qualcuno che avesse il rispetto condiviso di tutte le forze politiche, degli ambienti finanziari ed anche dei togati. Inviarono pertanto un corpo di spedizione scelto per rintracciare Alfonso di Battaglia che in quel periodo, come sempre, scorrazzava tra i campi di battaglia di mezzo mondo. I messaggeri militari recavano un laconico messaggio affidato ad un misero bigliettino: "Banca Romana" seguito dalla firma dei tre capi di governo.

Ora lasciamo parlare le testimonianze di chi ha visto e sentito: "Il giorno di Natale del 1892 uno strano viandante entrò nel portone della Banca Romana scortato da due Carabinieri. Era ancora buio quando dal palazzo uscirono i gendarmi diretti in Caserma: avevano il compito di richiamare in Banca, pur in quel giorno di festa, tutti i dipendenti, amministratori e direttori presenti sulla lista stilata dal Funzino. Fino all’ora di pranzo arrivarono alla spicciolata e scortati da militari quelli ritenuti i responsabili dello scandalo. L’allora governatore della Banca Romana Tanlongo questionò i titoli del Funzino "chi sarebbe lei?". Subito zittito da un sonoro schiaffatone, tutto capì e, piangendo, si tacque."

Terminiamo dicendo che il commissariamento di fatto della Banca Romana, non riportato in alcun documento storico ufficiale, durò complessivamente 24 ore (dall’alba del 25 dicembre 1892 all’alba del 26 dicembre dello stesso anno). Come riportano le testimonianze "Chiamato ognuno al suo cospetto, chiusa la porta e rimasto solo con l’imputato, a ciascuno dava secondo le colpe. Tutti, piangendo, si pentirono. Giustizia fu fatta."

Al processo ai giudici fu detto "C’ha penzàte Funzin". Furono clementi.

P.S. Narrano cronache successive che fu poi acclarato che il buon Funsino avrebbe "analizzato" ognuno dei suoi interlocutori, fisicamente e psicologicamente, fino a trarne il massimo risultato soddisfacente per lui e per gli altri.

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