giovedì 30 ottobre 2014

ABITAVAMO IN VIA QUARNARO

Anteprima:

Domenica 14 dicembre 2014, presso la Sala Buozzi, a Giulianova Alta, presentazione del romanzo autobiografico "Abitavamo in via Quarnaro", di Sergio di Diodoro.

giovedì 9 ottobre 2014

ABITAVAMO IN VIA QUARNARO



Avverto che nel mese di dicembre sarà nelle librerie il mio romanzo autobiografico "ABITAVAMO IN VIA QUARNARO", storia di coloro che vissero la propria infanzia e la propria adolescenza negli anni '50 e '60  a Giulianova .
La presentazione  del libro avverrà verosimilmente intorno alla seconda decade del mese.

lunedì 29 settembre 2014

A mia moglie per il 36' di matrimonio


Non abbiamo ancora navigato
Il nostro mare più bello,
non abbiamo ancora conosciuto
tutti i porti della vita.
Non abbiamo ancora vissuto
I nostri giorni più belli.
Non abbiamo ancora finito
di sognare.
E le parole più belle che ho da dirti
non te le ho dette ancora,
perché nulla di noi appartenga al passato
e l'incantesimo della nostra storia
sia sempre e solo nel futuro
che vivremo insieme.

martedì 19 agosto 2014

TUTTI LAUREATI



Leggo di gente che millanta sul proprio profilo facebook titoli di studio che non ha mai conseguito. Troppo facile, e troppo ingiusto nei confronti di chi ha veramente sudato e speso gli anni più belli della sua vita per conseguire (veramente) una laurea. È troppo facile scrivere sul profilo " ha studiato presso Università di ...."quando a stento si sono concluse le Scuole Superiori, e spesso neanche quelle. È facile e ridicolo nei confronti di chi sa. Ma costruirsi un'immagine a proprio piacimento, quantunque falsa, deve essere una cosa che riempie di gioia, perché consente, in pochi secondi, di equipararsi a chi ha studiato una vita per poter scrivere, a giusta ragione, le stesse cose di se stesso. A questo punto i titoli di studio dichiarati sui profili sono spesso inattendibili. Ma come si fa? Bisognerebbe chiedere la presentazione dei certificati originali di laurea. Oppure sperare nella correttezza dei millantatori. Due cose impossibili.
Sempre in tema un mio amico, che non ha frequentato l’Università, sigla alcuni documenti di lavoro apponendo davanti al suo nome il titolo “dott.”
Incuriosito gli ho chiesto lumi ed ho scoperto che è possibile conseguire il Diploma di Laurea, a qualsiasi età, senza dover abbandonare la propria attività lavorativa, senza alcun obbligo di frequenza, e in alcuni casi, senza dover sostenere alcun esame, secondo un percorso accademico personalizzato. Si tratta, in buona sostanza, di un percorso formativo individualizzato con riconoscimento di crediti universitari per l´esperienza professionale acquisita sul lavoro.
In particolare Ragionieri, Geometri, Bancari, Impiegati pubblici e privati, Periti, Assicuratori, Promotori finanziari, Agenti, Consulenti, Giornalisti, Quadri, Dirigenti, Professionisti, imprenditori, ecc. che lo desiderano possono conseguire un titolo universitario on-line, riducendo (ma anche azzerando) i tempi di studio.
A lui è bastato un semestre.
Quindi frequentare l’Università può essere inutile. Chi lo ha fatto ha speso del denaro e del tempo che poteva risparmiare, tanto si arriva allo stesso risultato per altra via, più agevole, più rapida, meno faticosa e ugualmente gratificante, e per di più a costo zero.
Sulla preparazione professionale di questi pseudo-laureati – per l’esperienza acquisita durante gli anni di lavoro- nulla da dire.
Ma la Laurea, quella vera, è un’altra cosa.


giovedì 24 luglio 2014

CARA IGNOTA MADRE LINGUA




Un caro amico d'infanzia e di adolescenza - della cui preparazione culturale ho grande stima - ha molto apprezzato il mio intervento che denigra i falsi laureati. E con estrema puntualità ravvisa nel malcostume imperversante nelle scuole la causa prima di tanta tangibile ignoranza. Sono d'accordo con lui.
Il lassismo che imperversa da ormai troppi anni nelle scuole italiane di ogni ordine e grado, non escluse le Università ,  si traduce non solo in una ormai nota  ed inarrestabile mancanza di rispetto nei confronti del corpo insegnante, offeso e vilipeso, ma anche in una smisurata proliferazione di ignoranza, a tutti i livelli. Difficile trovare studenti modello, difficile credere che possano venir fuori dalle libertine aule dei Licei martiri delle “sudate carte” destinati a fulgide carriere professionali. Poca preparazione, pressapochismo, superficialità, voglia di ottenere il massimo risultato senza pagare il prezzo dell’impegno, tutto concorre a creare una classe di diplomati e laureati che, quand’anche in possesso di brillanti  o almeno normali intelligenze, nulla o poco raccolgono, a livello di preparazione culturale,  da una carriera studentesca che, tranne rarissime eccezioni, è vissuta sempre in modo assai mediocre. Perché? Prima di tutto perché è consentito ottenere risultati senza che sia chiesta in cambio una preparazione appena sufficiente. In secondo luogo perché non esiste più la figura del docente dotato di carisma dalle cui labbra sgorghino parole di insegnamento alla vita. I nuovi saccenti siedono sui banchi nella convinzione di avere di fronte un loro stesso collega, più anziano, cui non lesinare improperi, atteggiamenti di ribellione e di sfida, palesi rifiuti, aperte provocazioni.
Che dire dei dialoghi? Parole   infarcite di scurrilità, bestemmie, risate sonore e sguaiate, insulti reciproci, trivialità. Tutto con gli auricolari infilati nel padiglione auricolare e con il pollice in fermento sulle tastiere dei cellulari. Visto uno visti tutti.
Stendo un pietoso velo sull’abbigliamento , ostentatamente lacero, costosamente lacero. Ma il vero disarmante momento di costernazione arriva quando ti accorgi che la lingua italiana, la cara madrelingua, comune genitrice di ognuno, è completamente sconosciuta, ignorata, vilipesa. Di tutto e di più se li senti coniugare , concordare, declinare. Un baratro enorme avvolge la vacuità di quei brevi discorsi, e il cuore si angoscia. Ove sei Madre Lingua che nessuno dei tuoi figli più riconosce come tale? Stride il condizionale trascinato come ferro sull’asfalto da un “se” pericolosamente e coraggiosamente introdotto in apertura, senza remore e senza timori, ma con tanta incosciente audacia.
Un’ignoranza fastidiosa, che si compiace di se stessa, incurante di ferire in modo non lieve le orecchie degli astanti.
Un prezzo che poi si paga. Ecco perché non c’è meraviglia se  deputati, senatori, onorevoli non rispondono in modo giusto quando viene chiesto loro il participio passato di un verbo anomalo. E’ la normalità. E’ il risultato finale di carriere scolastiche allegre e  disoneste, culminate nondimeno per loro nel raggiungimento di obiettivi concreti ed importanti. Un’immagine pubblica che incute soggezione a fronte di un vuoto culturale infinito. Almeno per quello che attiene la lingua italiana.
La cara, nostra, ignota Madre Lingua…..

giovedì 17 luglio 2014

FALSI AMICI


  Puoi perdonare chi ti ferisce, ed è certo un atto bello e doveroso.. Ma la ferita rimane. Prima aperta e sanguinante, poi raggrumata, poi cicatrizzata. Resta la cicatrice, forse per sempre. Poi se anche la cicatrice dovesse scomparire, resta la memoria, il ricordo del ferimento subito. Non si dimentica un torto specie se ti arriva da chi consideri amico, e amico non è . E ti dispiace, ti resta dentro il dolore, per sempre.
Non è la ferita sul corpo il problema. È la ferita del cuore che non rimargina mai......

DUE PESI E DUE MISURE


A corollario della triste storia della raccolta delle pesche e del loro infelice piazzamento sul mercato, a causa della concorrenza di analogo, più economico,  ma meno pregiato prodotto straniero, giunge dagli amici romagnoli una nuova chicca, anch'essa abbastanza sconvolgente. I prodotti italiani sono sottoposti a rigidi controlli per accertare che non abbiano subito trattamenti nocivi per la salute dei consumatori , quelli provenienti dall'estero non avrebbero obbligo di controllo. I succhi di frutta, ad esempio,  arrivano già confezionati, pronti per l'uso. Da noi corre l'obbligo (giustissimo) di mille accertamenti preventivi prima della lavorazione industriale.
Quindi rispettiamo le regole in casa e trasgrediamo fuori.
E la crisi???????

domenica 13 luglio 2014

RACCONTALA AD UN ALTRO.....





Quanto sarebbe bello se coloro che non hanno nulla da dire non dicessero nulla, se coloro che non hanno nulla da scrivere non scrivessero nulla, se coloro che non hanno nulla da raccontare non raccontassero nulla e se chi è destinato, suo malgrado, a non diventare qualcuno, avesse il buon senso e l'umiltà di stare al suo posto, evitando di millantare qualità che non possiede.....
Oggi i mezzi di comunicazione e di diffusione capillare consentono di viaggiare sulla cresta dell'onda e di apparire, volendo,  quello che non si è .
 Un mio ex compagno di scuola, di cui conobbi la difficoltosa, ove non disastrosa, carriera studentesca, racconta oggi pubblicamente quanto simpaticamente di aver conseguito lusinghieri successi al Liceo ed all'Universita' alla quale fu in realtà solo iscritto per un solo anno, peraltro con esiti risibili.
Ma tanta è la potenza dei social-network che, raccontando le favole, ci si può costruire una carriera su misura, finta, ma tale da apparire vera a chi legge in modo inconsapevole. 
Il problema dei millantatori, che alla fine comunque fanno davvero poco danno, è che poi le balle che mettono in giro arrivano a tutti, ma proprio a tutti.
Anche a coloro che all'epoca "c'erano" e che quindi "sanno".......

domenica 6 luglio 2014

ESTEROFILIA AGRICOLA

Durante una breve vacanza nella solatia Romagna, ospite di esperti produttori vinicoli e coltivatori di antica sapienza, scopro che quest'anno la copiosa produzione di pesche (e che pesche!) subisce rallentamenti nella vendita diretta alle Cooperative del luogo perché in concorrenza con analogo prodotto di importazione , di qualità decisamente inferiore, ma di presa sul mercato perché più economico.
In buona sostanza l'allucinante messaggio che emerge conferma che quintali di ottimo prodotto italiano finiscono al macero per lasciare spazio a pessimi (sic) prodotti stranieri che, peraltro, per essere importati in Italia richiedono spese di spedizione, inquinamento ambientale ( quanti aerei viaggiano per i trasporti?) e quanto altro occorra per farli arrivare in loco.
Chissà quanti altri simili casi ricorrono in altri settori.
Allora ci serviamo degli altri e rigettiamo il buono che c'è in casa.
Ma come si esce dalla crisi??

mercoledì 25 giugno 2014

GLI ILLUMINATI

È' sempre più facile oggi imbattersi in una categoria di individui molto convinti delle proprie pseudo capacità professionali che, con dedizione e con tanta generosità, pongono altruisticamente al servizio degli altri. Si tratta di soggetti "illuminati" che, pur non avendo portato a termine regolari cicli di studi universitari, sanno di storia, arte, letteratura, scienze, giurisprudenza, fiscalità, ingegneria, veterinaria, biologia e, ahimè , anche di medicina.....
Questi beneficiari di scienza infusa non hanno pudore reverenziale ed esercitano la loro "professione alternativa" con estrema disinvoltura, millantando conoscenze che non posseggono,  aiutati, spesso, da una serie di circostanze, peraltro ben analizzabili.  Davanti ad un interlocutore per così dire "impreparato" hanno buon gioco in virtù di una palese ignoranza che rende la controparte credulona ed ingenua e quindi facilmente aggredibile e vulnerabile. A fronte di un vero professionista spesso riescono ugualmente ad essere ascoltati, anche se ovviamente non creduti, perché chi sta suo malgrado a sentire, per una sorta di atavica - quanto, in questo caso inopportuna - educazione, tace e non ribatte, consapevole della futilità delle argomentazioni del parlante verso il quale prova solo commiserazione.
L’esito, in questo caso è anche esilarante perché in genere sono sempre situazioni comiche.
Ma quando l"illuminato" si sostituisce ad un medico forse non c'è tanto da ridere.....


lunedì 16 giugno 2014

MODERNITA' DI SENECA

Che cosa vi è di più stolto e di più pazzesco che il lodare in una persona beni non suoi, che l'ammirare cose che in un istante potrebbero passare ad un altro? Non è certo il freno d'oro che rende migliore il cavallo.... Nessuno deve vantarsi se non del proprio....Nell'uomo deve essere apprezzato solo ciò che è suo. Uno possiede una moltitudine di schiavi, una bella casa, un'ampia tenuta da coltivare, un grosso capitale da dare in prestito ad usura: forse che qualcuno di questi beni è in lui? No, è soltanto intorno a lui. In quest'uomo devi lodare solo ciò che non gli si può né togliere né dare, ciò che è proprio dell'uomo....Mi chiedi che cosa sia ciò ? È l'anima , e nell'anima la perfetta ragione....
Così scriveva Lucio Anneo Seneca pochi anni dopo la nascita di Cristo (Lettere a Lucilio).
Più di duemila anni sono trascorsi, ma pare che non sia cambiato nulla. Nessun progresso da parte dell'uomo, ancora oggi vittima del potere, del denaro, del superfluo, dell'inutile, dei beni terreni voluttuari e passeggeri.
Oppure della vanagloria.
Conobbi un tale che millantava per preparazione professionale e profonda capacità manageriale la sua pochezza, la sua completa incapacità, in altri termini la sua ignoranza. Anche spirituale. Delatore ed ipocrita vendeva per oro il ferro arrugginito, per vero il falso, per giusto l’ingiusto.  E tutti ad ascoltarlo e riverirlo perché amico dei potenti che avrebbero potuto intervenire al suo fianco e fagocitare gli oppressi…..
Ma degli oppressi sarà l’ultima rivincita.
Vincerà l’anima, e nell’anima la perfetta ragione…..

venerdì 30 maggio 2014

LA VERITA'

Cosa accadrebbe se ognuno potesse dire quello che pensa, senza freni inibitori, senza false ipocrisie, senza tenere nel conto i  doveri imposti dalle regole sociali e del buon costume, dall’educazione, dal quieto vivere, dalla necessità di lasciar correre per non incappare in pericolose ritorsioni?  Se si potesse dire pane al pane e vino al vino  a chiunque, in qualsiasi luogo ed in ogni circostanza, senza paura, con il coraggio della sincerità , per il trionfo della verità e della obiettività, senza remore, cosa accadrebbe?
Gli impostori non sarebbero più tali, smascherati alla prima marachella da chi sa, ma non parla.


martedì 13 maggio 2014

IL GIRO ""D'ITALIA""

Non sono un appassionato di ciclismo, però il Giro d'Italia mi ha sempre affascinato, forse perché una volta si seguiva l'arrivo delle tappe alla televisione, quando c'era ancora il bianco e nero e quando correva per i colori abruzzesi il mitico Vito Taccone…. A volte il Giro passava per le strade del tuo paese ed era una festa incredibile, prima, durante e dopo l'arrivo…
Adesso leggo, non senza stupore, che le prime tappe del Giro d'Italia di quest'anno si corrono a Dublino…. Ripeto: le tappe del Giro d'Italia si stanno correndo a DUBLINO!!!!! E non è il Giro d'Irlanda, ma il Giro d'Italia!!!
Poiché per quanti sforzi faccia non riesco proprio a capire il senso di queste scelte, prego qualche lettore del Blog, appassionato di ciclismo, di fornirmi, se può, una pur minima spiegazione.
Io non riesco a capire.

domenica 13 aprile 2014

DA SAN FLAVIANO A GIULIA – ROVINA E RICOSTRUZIONE



Un prezioso scritto d’epoca, dato alle stampe nel 1879 per i caratteri dello Stabilimento tipografico Civelli di Roma ed a firma di Gabriello Cherubini, contiene dati e riferimenti di estremo interesse relativi alla fondazione di “Giulia” ed all’elezione a protettore di “Castro” del martire Flaviano, nonché notizie su antichi monumenti e Chiese della città di Giulianova.  Secondo quanto riportato dall’autore, la spiaggia di Giulia offriva già allora ai villeggianti un “soggiorno dilettevolissimo”  ed era ravvivata da un “via vai dei più animati che si possano vedere nelle nostre marine nei giorni dei bagni “.
L’analisi del Cherubini spazia in realtà per tutto il territorio chietino e teramano bagnato dalle acque dell’Adriatico, e focalizza poi Giulianova, definito paese tra i più belli di “aspetto e di postura” tra tutti quelli che s’incontrano sulla costa: “….sopra una facile ed amena collina è fabbricata questa cittaduzza, ch’io vorrei chiamare elegante. Gioconda ed ampia prospettiva si apre all’occhio di chi si fa a guardare dalla parte di Oriente” . L’immagine, dunque, perviene in questo caso da un osservatore posto ad oriente, presumibilmente con le spalle al mare. Posizione peraltro anomala, che ribalta un po’ la tradizionale vista del panorama cittadino con il mare sullo sfondo. Ma lo scritto del Cherubini riveste importanza anche per gli interessanti riferimenti di ordine storico-geografico, che accrescono ed ampliano il panorama delle conoscenze relative alla passato della città:  “….non si può discorrere della moderna Giulia senza toccare alcuna cosa dell’antico Castrum Novum, poiché se quella non sorse appunto sulle rovine di questo, egli però è certo che fu fondata in luogo assai vicino a Castro e, chi ben considera, vede che non più di un miglio, ad un bel circa, era distante quella colonia romana dalla Giulia d’oggi. Ciò chiaramente dicono i parecchi ruderi, che tuttora vi rimangono ad attestare eziandio come il Castrum Novum non fosse stato molto lontano dalle sponde del Batino. Quel  Batino,  come è noto, corriponde all’odierno fiume Tordino, nei pressi del quale l’autore attesta l’esistenza di un “assai capace porto” della cui funzionale attività dovettero servirsi non solo i cittadini, ma anche popolazioni viciniori, se è vero che la struttura “”non solamente rendeva pronti e sicuri i commerci di Castro, ma se ne vantaggiavano anche le regioni pretuziane, palmense ed atriana.”
Ulteriore conferma alla importanza commerciale che dovette avere la colonia si evince dall’esplicito riferimento alle strade consolari e militari che attraversavano all’epoca la regione pretuziana.Tra esse (Appia, Valeria, Claudia), ruolo non meno importante dovette avere quella via Salaria che “”toccando Truentum, si accostava assai a Castro”. Il fiorente porto, la facilità dei collegamenti ed il momento di benessere economico durarono però fino a quando “le contrade abruzzesi, corse anch’esse da quei feroci uomini del settentrione, tutte n’eran poste a soqquadro e disertate spietatamente”  Questo evento storico, che le cronache riportano concordemente, (secolo V dell’anno cristiano) segnò, per così dire, l’inizio di una inarrestabile decadenza: “non più commerci, non più coltura delle pacifiche arti, ma tutti ad apparecchiarsi, come meglio si poteva, a resistere con armi alla mano a quelle orde scomposte”.  Nel succedersi dei fatti, per ironia della sorte, proprio quel fiume che aveva rappresentato per Castro la fonte prima di ogni benessere commerciale divenne la causa determinante di  disfacimento e calamità: “ …rotte le dighe, scatenate le scogliere, né pensandosi più a ripararle, il fiume dilagando senza più alcun rattendo per le vicine campagne, e impaludando qua e là le sue acque, rese quei campi, una volta sì fertili, altrettante maremme, le quali, spandendo attorno ree e pestilenziali esalazioni, divennero in breve fonte d’incurabili malattie, di guisa che il paese ne restò miseramente impoverito di abitanti”.  Ad ulteriore riprova cronache dell’epoca registravano al riguardo che la donazione delle rendite del porto di Castro, disposta a favore dei  Vescovi abati di Forcona, fu da questi ultimi in quel periodo rinunciata, per via della loro oggettiva scarsità.
Di sicura presa sul lettore, nel testo,  la citazione di una non meglio precisata “vecchia cronaca” la quale avrebbe fornito, come si diceva in apertura,  lumi e notizie sull’elezione a protettore di Castro del martire Flaviano: “ ….i cittadini di Castro, fatti già cristiani, scelsero a loro protettore San Flaviano martire; il che avvenne, secondo la grossolana credenza di quei tempi, per opera di uno strepitoso prodigio. Perocchè era tradizione che una nave senza nocchiero, dal lontano Oriente, approdasse alle foci del Tordino, e che essendosi cercato qualcosa che vi fosse dentro, vi si trovasse ben chiuso, in una cassa, il corpo del martire Flaviano di Tarso. Ciò bastò perché quel santo non solamente fu eletto a protettore di Castro, ma che eziandio il nome antico del paese in quello fosse tosto tramutato in San Flaviano….”
Storia, leggenda o tradizione. Vero è, però, che le cronache registrano con riferimento certo (4 giugno 1184) l’emissione proprio  dal borgo di San Flaviano di una Bolla papale a firma di Papa Lucio III  e di altre nove Cardinali, dopo il loro allontanamento da Roma a seguito di una sedizione popolare.
Lo stesso borgo, alla metà del secolo XV, fu teatro di una cruenta battaglia tra le opposte fazioni degli Angioini guidati da Giacomo Piccinino e degli Aragonesi, a capo dei quali era Federico di Montefeltro, signore di Urbino. Questo evento fu fatale per  il piccolo agglomerato urbano, oggetto di devastazione e di rovina : “ …. i gravi danni arrecati da questa feroce pugna, e l’aria pestilenziale che vi spirava, ridussero San Flaviano ad una squallida borgata…” ma segnò, nel contempo, l’inizio di una nuova era, che avrebbe generato la nascita e la fondazione  di “Giulia” : “Giulio Antonio Acquaviva, duca di Atri, ch’ebbe ancor signoria e titolo di conte di San Flaviano, vedendo soprastare a quel paese così funeste sorti, pensò volerlo rifabbricare in luogo più salubre ed opportuno, come fu quello da lui scelto fra il Tordino ed il Salino. E perché poi di quest’opera rimanesse ne’ futuri perpetua memoria, volle il duca che il nuovo paese dal suo nome fosse chiamato Giulia.”
Siamo nel triennio 1469-1471.  D’altro canto il buon Duca non dovette agire da solo nella peculiare impresa. Da Napoli, infatti, lo stesso Re Ferdinando I d’Aragona volle fornire il suo apporto, formalizzato in un decreto, datato 3 maggio 1471, con il quale venivano concessi importanti e particolari privilegi che potessero favorire il processo di riedificazione della nuova Giulia sui resti del distrutto borgo di San Flaviano. Incoraggiato ancor più dall’appoggio ricevuto, Giuliantonio proponeva iniziative volte a facilitare il corso dei lavori: “ ….nè alcuna cosa lasciava perché popolazione e commerci fiorissero nella nascente Giulia e, a promuovervi il concorso delle genti vicine, con lettera del 29 gennaio 1473, ordinava che tutti quelli che venissero ad abitarvi avessero in dono una certa quantità di terreno per seminar grano e piantar vigne”. Come si vede, dunque, chiunque avesse accettato l’invito a diventare “giuliese” avrebbe avuto in assegnazione ed in proprietà un fondo per la coltivazione della terra.  Così (siamo ormai nel 1482) furono gettate le prima fondamenta e si iniziò a fabbricare le prime case . In segno di gratitudine i nuovi abitanti vollero fornire un segno di tangibile riconoscenza alle casate degli Acquaviva e degli Aragona, fondatori della loro “novella patria: “ … vollero che vi si alzasse a stemma comunale un cavaliere armato, immagine del Duca, lasciando l’altro antico di un castello con torri al lato, ch’era quello di San Flaviano”.
Se Giuliantonio aveva tracciato la strada da percorrere, i suoi discendenti non furono da meno nel completare l’opera : “ ..nè il successore di Giuliantonio, che fu Matteo III, si mostrò meno sollecito del padre nel favorire efficacemente e nel promuovere la prosperità di Giulia con ogni sorta di opportuni provvedimenti; né coloro che vennero appresso furono da meno nel compiere l’opera egregia degli antenati..”
Così, nel tempo, Giulia consolidava il suo aspetto , arricchendosi giorno dopo giorno di case, vie, edifici e strutture : “ ..la strada principale è quella detta del Corso, abbastanza larga e ben lastricata; le altre, meno comode, scorrono in varie direzioni il paese….Ma il lato più appariscente di Giulia è quello che guarda la strada, per cui molto agiatamente si discende alla spiaggia. Quivi case meglio costruite, dove avrai ad ammirare l’incantevole prospettiva del sottoposto mare Adriatico e l’arte industre dell’intelligente giardiniere….”  E nel discendere verso la marina “ … cammin facendo si incontra un’antichissima Chiesa, Santa Maria a Mare, la sola rimasta fra le tante ch’erano in San Flaviano; ha una porta in pietra, il cui arco e stipiti sono adorni da scolture simboliche in bassorilievo, divise in tanti scompartimenti riquadrati; possono stimarsi avanzi di tempio pagano, esprimenti culti barocchici…..”
A poco a poco la parte bassa del paese assunse una sua indipendente connotazione, ponendosi come meta ambita di vacanza e villeggiatura: “ … la stazione ferroviaria, i molti casini di varia e gentile architettura, che fiancheggiano l’ampia e lunga via consolare, rendono dilettevolissimo il soggiorno nella spiaggia durante l’estate. Tutti, per due o tre mesi, vi passano lietamente la vita, i giovani confortati da ogni specie di divertimenti in balli, in musiche, in passeggiate per mare e, se volete, anche in amori cavallereschi; gli attempati poi in giuochi più o meno rischiosi…”  Naturalmente l’amena località non era, e non era giusto che fosse, ad esclusivo uso e beneficio dei residenti , ma “…quivi accorrono volentieri, o per rimanervi, o per visite agli amici ed ai parenti, quelli dei vicini paesi, o delle non lontane spiagge di Montepagano, Calvano, Silvi, Castellammare ecc. E’, per dir tutto in  breve, un vi vai de’ più animati che si possano vedere nelle nostre marine nella stagione de’ bagni. Chi non crede, venga e veda.”
E davvero c’è da credere che il luogo avesse qualcosa in più da offrire ai villeggianti, se si considera che essi venivano  a trascorrervi le vacanze da borghi situati comunque anch’essi sul mare come Silvi e Castellammare (Pescara).
Gabriello Cherubini, storico, umanista e letterato (Atri 1817-1892), lasciò alla sua morte un inedito e ricchissimo epistolario che potrebbe rappresentare interessante e stimolante oggetto di analisi e di ricerca per lo studio di personaggi e località dell’epoca.

Lo scritto esaminato, raccolto nella collana “Giovinezza” di B. E. Maineri, veniva offerto ai cittadini, nel 1880, come strenna natalizia.