domenica 29 dicembre 2013

IL PERSONAGGIO MISTERIOSO

Vile, ipocrita, vigliacco, bugiardo, vanitoso, sprezzante delle altrui qualità, sempre al fianco dei potenti per umiliare i miti e gli onesti. Non ha mai perso  occasione per evidenziare gli errori degli altri, millantando capacità e virtù che non possiede e che non ha mai posseduto. Per anni ed anni ha vessato i sottoposti atteggiandosi e grande capo, insultando e mortificando tutti soprattutto in presenza di estranei, al fine di far emergere appieno la sua potenza di superiore. Ma superiore era nella pochezza dei sentimenti, nel vuoto dell'animo perfido ed insensibile, nella inesistente umanità. In altri periodo storici sarebbe stato un feroce e crudele Kapo. Sempre pronto all'acredine ed all'accusa, mai disposto all'auto controllo, capace di mentire spudoratamente per salvare se stesso ed accusare gli altri. Uomo senza qualità, senza umanità, senza cuore.
Ma non bisogna giudicare. Il vento gira, le stagioni passano, il tempo è giudice imparziale.
L'unica vera giustizia è quella che accomuna tutti nel  momento fatale.
Poi si vedrà.

mercoledì 18 dicembre 2013

RECITA D’ADDIO (Storia di un amore impossibile)


Non ci saremmo mai amati.
Ci conoscemmo per fatale combinazione un giorno di febbraio  di 35 anni fa.  Io ero un giovincello appena laureato, tu eri una matrona elegante, opulenta, da tutti desiderata, sognata e vagheggiata.  Mi colpì  come un fulmine a ciel sereno la tua sontuosa fastosità, la ricca e doviziosa corposità del tuo patrimonio, la sensazione di sicurezza che scaturiva dal pensiero di poter trascorrere una vita intera protetto dalle tue ali materne.
Tu eri madre di molti figli, immagine storica per il territorio, fonte inesauribile di conforto e di tangibile assistenza, porto sicuro per ogni nave sconvolta dalla bufera, seno caldo ed accogliente per mille bocche da sfamare.
Tu avresti garantito il mio futuro e quello della famiglia che andavo costruendo. Così ci conoscemmo meglio e divenni anch’io tuo devoto figlio.
Ma io e te non ci saremmo mai amati.
Tu eri elegante, austera, ma fredda come una piramide di ghiaccio. Non ti “molcea il core” la musica del mare, la melodia del canto degli uccelli,  il poetico librarsi in volo di un gabbiano.
Tu non distinguevi i colori dell’alba e del tramonto. Non sorridevi del gesto innocente di un fanciullo, né piangevi vedendo un pettirosso morire.
Io sì.
M’accorsi, nel tempo, che mai avremmo avuto comune sentire e che mai avremmo riso o pianto insieme per lo stesso motivo.
Nel mio petto batteva un cuore, nel tuo  il freddo meccanimo di una calcolatrice.
Non ci saremmo mai amati.
Forse non avremmo dovuto neanche incontrarci.
Tu mi avresti sempre considerato un figlio affettuoso, ma diverso. Per me saresti stata una madre generosa, ma di adozione.
Io ti parlavo di greco e di latino e tu mi rispondevi con le partite doppie. Io ti recitavo le liriche di Prevert e tu mi leggevi i bilanci consolidati. Io le parole, tu i numeri. Troppo diversi.
Perciò non ci saremmo amati.
Così nel tempo la nostra unione è stata di reciproco rispetto, ma innaturale. Adesso al termine di 35 lunghi anni di convivenza, è giunto il momento fatidico del distacco.  Come avviene alla fine di ogni storia dovremmo avere rimpianti, rammarichi, nostalgie, rimorsi. Ma chi ce li ha???   Oggi a vederti così, stanca, lacera e distrutta dal comportamento di alcuni figli degeneri , non più bella e maestosa come un tempo, provo per te, nonostante tutto, un senso di affetto e tanta amorevole compassione.
Addio mia vecchia e cara magnanima benefattrice, fredda ed insensibile matrona, cui regalai gli anni più belli della mia esistenza terrena , ottenendone in cambio benefici,  ma non riconoscimenti, assistenza, ma non apprezzamenti, affezione, ma non amore.
Ti lascio scendendo a stento da una scialuppa di salvataggio e conservando solo il ricordo della maestosità del bastimento sul quale ero salito tanti anni fa.
Mi auguro, per il bene di tutti, che tu possa risanarti.
Ma per quella profonda diversità che ci ha sempre distinto, io non ti ricorderò nei miei scritti, né mai tu sarai regina del mio poetare.
E tu non inserirmi, ti prego, nei tuoi glaciali bilanci o in quei micidiali, incolori, lugubri piani industriali……
Si avveri dunque il definivo distacco.
Tu mi hai dato sempre materna e concreta assistenza, io sono stato tuo servitore, rinunciando ai sogni ed alle apostasie della mia mente.
Ma non ci saremmo mai potuti amare.






lunedì 16 dicembre 2013

MA CHE MONDO E' QUESTO????

Cronaca vera dall'Italia

Queste le notizie incredibili della giornata odierna: non si registrano nè furti nè rapine nè stupri. Nessuno ha superato i limiti di velocità in autostrada per cui gli Autovelox sono rimasti inattivi.I treni sono arrivati tutti in orario e nessuno di essi è stato soppresso improvvisamente. Non ci sono stati utilizzi fraudolenti di carte di credito, le auto blu sono state usate solo per lavoro.

PUNTI DI VISTA

Per consolare un  giovane in preda a forte depressione, pur senza apparenti motivi, un tale, incontratolo per caso durante un viaggio in treno,  così lo rincuorava; “ Pensa che non vale la pena di abbattersi perché ogni minuto che passa è sacro: guarda che spettacolo gli uccelli che volano nell’azzurro del cielo, guarda che meraviglia di colori nel sole che tramonta, guarda che straordinario spettacolo la campagna immersa nel suo silenzio sovrano. Pensa ai riflessi della luna sul mare d’estate,  al bianco purissimo di un campo di gigli, al rosso dei papaveri  al giallo delle ginestre. Pensa ai colori del mondo e descrivimeli.
Io, che pure sono felice, sento che mi riempiono il cuore, anche se li ho solo sempre immaginati, ma non li ho mai visti,  perché sono cieco.

I MIEI SESSANTA

Ora sono sessanta.
Sessanta anni, o sei decenni,
o mesi settecentoventi.
Quanto tempo da quando guardavo il mondo curioso,
in parte emozionato, sicuramente illuso.
Quanto tempo da quando costruivo per diventare,
sognavo per compiacere un’innata aspirazione
a “egregie cose”.
Poi la vita, i suoi modi bruschi,
le sue improvvise verità,
le sue ineludibili sentenze.
Ma non m’importa più di guardare oltre la siepe.
Questo ipocrita silenzio
prelude beffardo agli eventi che verranno.
Ma la sorte guarderò in viso,
con fiero cipiglio,
come un lottatore battuto e disilluso.

E la morte sarà l’ultima beffa.  
A FFIJEME


Me pare ire ke iukive
ku lu sekkielle lla la rive
e mò nke ssa vesta roscie
e nke lu trukke e li furcine
i rdeventate già na signurine.

Quante tempe ka passate
da quanne ie te purtave su li spalle
e tu me  ti strignive
nke lei vraccette picculine:
ie te diciave ka ire pesante
e tu stive strette a me
pekkè ie ere pe te, llu mumente,
la persone kkiù mpurtante.

Mò li kazzette kulurate ke fiure e paperine
ardeventate kazze velate da signurine
e quanne te li mitte
te ggire dall’addra parte
pekkè nisciune ta da vedè li gamme:
lli gammette ka parave ddu saggiccette
e ke mò kupre ke ggeste e mode
de na femmena mpurtande.

Ma duva sta la puccetta mì
ke li kudine e li vraccette pikkuline
ke me korre nkontre eme kiame
e me piagne desperate su li spalle
o ride kuntende ke l’ukkie brellande.

Mo’ li prubleme tu è addre,
e addre è li mì,
ke quanne isce la sere
aspette svejate fine a kke nn’arvì,
e dapù m’addorme,
ma sempre aggetate,
e sogne na guaiune ke li kudine
ka me dà nu vace,

e me s’addorme vicine.