lunedì 29 ottobre 2018

PALAZZI SENZA FONDAMENTA

La definizione che Cicerone dava della res pubblica non è dissimile da quella che dovremmo oggi attribuire al concetto di Stato: "cosa del popolo" intendendosi per  popolo non  un qualsiasi aggregato di gente, ma un insieme di persone associatosi intorno alla condivisione del diritto e per la tutela del proprio interesse». Viene spontaneo immaginare che alla guida  dello Stato, così come alla guida delle sue fondamentali istituzioni delegate a garantirne la solidità e la funzionalità, siano deputate persone munite di doti particolari, eccellenti nella cultura, nella moralità, nella perspicacia, nella difficile dote della mediazione e del dialogo. Se ciò non avviene, o avviene solo in parte, devono esserci delle ragioni precise che non possono e non devono destare meraviglia. 
 In questa sede, da giornalista, da docente di lingua italiana,  ma soprattutto da profondo amante della lingua italiana, mi preme focalizzare solo uno dei sopra citati aspetti, peraltro di recente venuto alla ribalta della cronaca.
Molti politici, ma anche molti insegnanti, molti professionisti in diversi campi dello scibile, ignorano fondamentali principi e regole della lingua italiana. Questa palese carenza, ancor più evidenziata oggi dal proliferare di sistemi di diffusione di massa, come i famigerati social, si manifesta in modi e momenti diversi e diventa oggetto di derisione e di scherno. Ma viene da chiedersi quale sia la causa scatenante di questa fenomenologia, a quanto pare non rilevabile in modo così evidente nel passato.
Un'analisi del fenomeno non può prescindere da un fattore base di estrema importanza: la carriera scolastica. E'  di pubblico dominio che oggi, a partire dalle Scuole Elementari e poi via via fino alle Superiori, non esiste il cosiddetto "polso fermo" , ossia la famosa regola, peraltro logica e coerente, di interrompere anno per anno il percorso formativo a chi non è meritevole di promozione alla classe superiore. In buona sostanza e per dirlo alla paesana, vanno avanti tutti, capaci o non capaci, istruiti o non istruiti, degni o non degni  di accedere al gradino superiore. Insomma, se sai leggere o non sai leggere, sai o non sai fare di conto accedi comunque alla seconda classe, poi alla terza, alla quarta e così via. Stessa cosa poi per le Medie e le Superiori. Alla pari, chi sa e chi non sa, chi studia e chi non studia. Il motivo di tanta "manica larga" è da ricercare anche in un'ennesima trovata degli psicologi strizzacervelli che si sono inventati, in partenza, traumi infantili irreversibili per chi è costretto a ripetere una classe alle Elementari o a sfigurare davanti ai propri compagni. A rincarare la dose scendono in campo i genitori, un tempo schierati a fianco dei maestri e dei docenti, oggi pronti a combattere a fianco dei figli, ritenendo inconcepibile che il proprio pargolo possa valere o meritare meno di un coetaneo. E così collaborano in modo sostanziale a creare, non so quanto inconsapevolmente, dei futuri ignoranti. 
Questi ultimi, ai quali si aprono autostrade nella carriera scolastica, studentesca ed universitaria, arrivano poi alla fine degli studi con un titolo che vale né più né meno di quello che altri (pochi) hanno conseguito  sbattendo la testa sui libri e dedicando gli anni più belli della vita a faticose rinunce e a logoranti giornate trascorse a studiare in modo serio e dignitoso.
In questo modo la carovana trasporta tutti, senza fare nessuna distinzione dei reali meriti.
La Società e lo Stato agevolano questo "curriculum inscientiae" con delle trovate che favoriscono l'impreparazione a tutti i livelli. Un tempo, ma nemmeno tanti anni fa, il famigerato Esame di Stato dopo i vari scritti prevedeva un'interrogazione su tutte le materie oggetto di studio nei cinque anni delle Superiori, nessuna esclusa. Insomma, una sorta di riepilogo generale dello scibile acquisito durante la carriera liceale. Poi ci fu la restrizione a sole due materie da portare all'orale, una scelta dal candidato e l'altra dalla Commissione (ma comunque comunicata al candidato per vie traverse lungo tempo prima della data fissata per il cosiddetto "colloquio..."). Per non parlare poi del famigerato "Quizzone"  oggi abolito per "semplificare" (sic !!!) la prova ai poveri studenti...
 Insomma, percorsi più facili, strade spianate, agevolazioni per favorire chi non sa, non vuol sapere e non ha nessuna intenzione di apprendere.
A fronte di questa situazione non c'è da meravigliarsi, come si diceva in apertura, se al vertice delle Istituzioni o a ricoprire incarichi di strategica  e decisiva rilevanza ci si imbatte in individui non preparati, non capaci di esprimersi nell'idioma nazionale senza incorrere in madornali strafalcioni, ignoranti di Storia, Geografia, Scienze, Matematica e via dicendo perché non hanno acquisito sufficienti conoscenze pur avendo seguito corsi regolari di studi. 
L'albero fruttifica bene se giuste e buone sono le sementi che l'hanno generato. Un palazzo tiene anche quando arrivano terremoti e inondazioni se le fondamenta sono resistenti e salde. 
Ma non si può pretendere di raccogliere bene se si semina male.
Per tale ragione il fatto che politici, professionisti, insegnanti, maestri di ogni ordine e grado, individui che la Società colloca in posti importanti e strategici siano in difficoltà di fronte alla lingua italiana così come di fronte ad ogni altra branca dello scibile, o diano prova continua del proprio "non sapere", non deve meravigliarci più di tanto.
Possiamo essere afflitti, dispiaciuti, irritati, sconvolti, sdegnati, indignati, stizziti, offesi, tristi, rammaricati, sconfortati.

Ma non meravigliati.