domenica 13 aprile 2014

DA SAN FLAVIANO A GIULIA – ROVINA E RICOSTRUZIONE



Un prezioso scritto d’epoca, dato alle stampe nel 1879 per i caratteri dello Stabilimento tipografico Civelli di Roma ed a firma di Gabriello Cherubini, contiene dati e riferimenti di estremo interesse relativi alla fondazione di “Giulia” ed all’elezione a protettore di “Castro” del martire Flaviano, nonché notizie su antichi monumenti e Chiese della città di Giulianova.  Secondo quanto riportato dall’autore, la spiaggia di Giulia offriva già allora ai villeggianti un “soggiorno dilettevolissimo”  ed era ravvivata da un “via vai dei più animati che si possano vedere nelle nostre marine nei giorni dei bagni “.
L’analisi del Cherubini spazia in realtà per tutto il territorio chietino e teramano bagnato dalle acque dell’Adriatico, e focalizza poi Giulianova, definito paese tra i più belli di “aspetto e di postura” tra tutti quelli che s’incontrano sulla costa: “….sopra una facile ed amena collina è fabbricata questa cittaduzza, ch’io vorrei chiamare elegante. Gioconda ed ampia prospettiva si apre all’occhio di chi si fa a guardare dalla parte di Oriente” . L’immagine, dunque, perviene in questo caso da un osservatore posto ad oriente, presumibilmente con le spalle al mare. Posizione peraltro anomala, che ribalta un po’ la tradizionale vista del panorama cittadino con il mare sullo sfondo. Ma lo scritto del Cherubini riveste importanza anche per gli interessanti riferimenti di ordine storico-geografico, che accrescono ed ampliano il panorama delle conoscenze relative alla passato della città:  “….non si può discorrere della moderna Giulia senza toccare alcuna cosa dell’antico Castrum Novum, poiché se quella non sorse appunto sulle rovine di questo, egli però è certo che fu fondata in luogo assai vicino a Castro e, chi ben considera, vede che non più di un miglio, ad un bel circa, era distante quella colonia romana dalla Giulia d’oggi. Ciò chiaramente dicono i parecchi ruderi, che tuttora vi rimangono ad attestare eziandio come il Castrum Novum non fosse stato molto lontano dalle sponde del Batino. Quel  Batino,  come è noto, corriponde all’odierno fiume Tordino, nei pressi del quale l’autore attesta l’esistenza di un “assai capace porto” della cui funzionale attività dovettero servirsi non solo i cittadini, ma anche popolazioni viciniori, se è vero che la struttura “”non solamente rendeva pronti e sicuri i commerci di Castro, ma se ne vantaggiavano anche le regioni pretuziane, palmense ed atriana.”
Ulteriore conferma alla importanza commerciale che dovette avere la colonia si evince dall’esplicito riferimento alle strade consolari e militari che attraversavano all’epoca la regione pretuziana.Tra esse (Appia, Valeria, Claudia), ruolo non meno importante dovette avere quella via Salaria che “”toccando Truentum, si accostava assai a Castro”. Il fiorente porto, la facilità dei collegamenti ed il momento di benessere economico durarono però fino a quando “le contrade abruzzesi, corse anch’esse da quei feroci uomini del settentrione, tutte n’eran poste a soqquadro e disertate spietatamente”  Questo evento storico, che le cronache riportano concordemente, (secolo V dell’anno cristiano) segnò, per così dire, l’inizio di una inarrestabile decadenza: “non più commerci, non più coltura delle pacifiche arti, ma tutti ad apparecchiarsi, come meglio si poteva, a resistere con armi alla mano a quelle orde scomposte”.  Nel succedersi dei fatti, per ironia della sorte, proprio quel fiume che aveva rappresentato per Castro la fonte prima di ogni benessere commerciale divenne la causa determinante di  disfacimento e calamità: “ …rotte le dighe, scatenate le scogliere, né pensandosi più a ripararle, il fiume dilagando senza più alcun rattendo per le vicine campagne, e impaludando qua e là le sue acque, rese quei campi, una volta sì fertili, altrettante maremme, le quali, spandendo attorno ree e pestilenziali esalazioni, divennero in breve fonte d’incurabili malattie, di guisa che il paese ne restò miseramente impoverito di abitanti”.  Ad ulteriore riprova cronache dell’epoca registravano al riguardo che la donazione delle rendite del porto di Castro, disposta a favore dei  Vescovi abati di Forcona, fu da questi ultimi in quel periodo rinunciata, per via della loro oggettiva scarsità.
Di sicura presa sul lettore, nel testo,  la citazione di una non meglio precisata “vecchia cronaca” la quale avrebbe fornito, come si diceva in apertura,  lumi e notizie sull’elezione a protettore di Castro del martire Flaviano: “ ….i cittadini di Castro, fatti già cristiani, scelsero a loro protettore San Flaviano martire; il che avvenne, secondo la grossolana credenza di quei tempi, per opera di uno strepitoso prodigio. Perocchè era tradizione che una nave senza nocchiero, dal lontano Oriente, approdasse alle foci del Tordino, e che essendosi cercato qualcosa che vi fosse dentro, vi si trovasse ben chiuso, in una cassa, il corpo del martire Flaviano di Tarso. Ciò bastò perché quel santo non solamente fu eletto a protettore di Castro, ma che eziandio il nome antico del paese in quello fosse tosto tramutato in San Flaviano….”
Storia, leggenda o tradizione. Vero è, però, che le cronache registrano con riferimento certo (4 giugno 1184) l’emissione proprio  dal borgo di San Flaviano di una Bolla papale a firma di Papa Lucio III  e di altre nove Cardinali, dopo il loro allontanamento da Roma a seguito di una sedizione popolare.
Lo stesso borgo, alla metà del secolo XV, fu teatro di una cruenta battaglia tra le opposte fazioni degli Angioini guidati da Giacomo Piccinino e degli Aragonesi, a capo dei quali era Federico di Montefeltro, signore di Urbino. Questo evento fu fatale per  il piccolo agglomerato urbano, oggetto di devastazione e di rovina : “ …. i gravi danni arrecati da questa feroce pugna, e l’aria pestilenziale che vi spirava, ridussero San Flaviano ad una squallida borgata…” ma segnò, nel contempo, l’inizio di una nuova era, che avrebbe generato la nascita e la fondazione  di “Giulia” : “Giulio Antonio Acquaviva, duca di Atri, ch’ebbe ancor signoria e titolo di conte di San Flaviano, vedendo soprastare a quel paese così funeste sorti, pensò volerlo rifabbricare in luogo più salubre ed opportuno, come fu quello da lui scelto fra il Tordino ed il Salino. E perché poi di quest’opera rimanesse ne’ futuri perpetua memoria, volle il duca che il nuovo paese dal suo nome fosse chiamato Giulia.”
Siamo nel triennio 1469-1471.  D’altro canto il buon Duca non dovette agire da solo nella peculiare impresa. Da Napoli, infatti, lo stesso Re Ferdinando I d’Aragona volle fornire il suo apporto, formalizzato in un decreto, datato 3 maggio 1471, con il quale venivano concessi importanti e particolari privilegi che potessero favorire il processo di riedificazione della nuova Giulia sui resti del distrutto borgo di San Flaviano. Incoraggiato ancor più dall’appoggio ricevuto, Giuliantonio proponeva iniziative volte a facilitare il corso dei lavori: “ ….nè alcuna cosa lasciava perché popolazione e commerci fiorissero nella nascente Giulia e, a promuovervi il concorso delle genti vicine, con lettera del 29 gennaio 1473, ordinava che tutti quelli che venissero ad abitarvi avessero in dono una certa quantità di terreno per seminar grano e piantar vigne”. Come si vede, dunque, chiunque avesse accettato l’invito a diventare “giuliese” avrebbe avuto in assegnazione ed in proprietà un fondo per la coltivazione della terra.  Così (siamo ormai nel 1482) furono gettate le prima fondamenta e si iniziò a fabbricare le prime case . In segno di gratitudine i nuovi abitanti vollero fornire un segno di tangibile riconoscenza alle casate degli Acquaviva e degli Aragona, fondatori della loro “novella patria: “ … vollero che vi si alzasse a stemma comunale un cavaliere armato, immagine del Duca, lasciando l’altro antico di un castello con torri al lato, ch’era quello di San Flaviano”.
Se Giuliantonio aveva tracciato la strada da percorrere, i suoi discendenti non furono da meno nel completare l’opera : “ ..nè il successore di Giuliantonio, che fu Matteo III, si mostrò meno sollecito del padre nel favorire efficacemente e nel promuovere la prosperità di Giulia con ogni sorta di opportuni provvedimenti; né coloro che vennero appresso furono da meno nel compiere l’opera egregia degli antenati..”
Così, nel tempo, Giulia consolidava il suo aspetto , arricchendosi giorno dopo giorno di case, vie, edifici e strutture : “ ..la strada principale è quella detta del Corso, abbastanza larga e ben lastricata; le altre, meno comode, scorrono in varie direzioni il paese….Ma il lato più appariscente di Giulia è quello che guarda la strada, per cui molto agiatamente si discende alla spiaggia. Quivi case meglio costruite, dove avrai ad ammirare l’incantevole prospettiva del sottoposto mare Adriatico e l’arte industre dell’intelligente giardiniere….”  E nel discendere verso la marina “ … cammin facendo si incontra un’antichissima Chiesa, Santa Maria a Mare, la sola rimasta fra le tante ch’erano in San Flaviano; ha una porta in pietra, il cui arco e stipiti sono adorni da scolture simboliche in bassorilievo, divise in tanti scompartimenti riquadrati; possono stimarsi avanzi di tempio pagano, esprimenti culti barocchici…..”
A poco a poco la parte bassa del paese assunse una sua indipendente connotazione, ponendosi come meta ambita di vacanza e villeggiatura: “ … la stazione ferroviaria, i molti casini di varia e gentile architettura, che fiancheggiano l’ampia e lunga via consolare, rendono dilettevolissimo il soggiorno nella spiaggia durante l’estate. Tutti, per due o tre mesi, vi passano lietamente la vita, i giovani confortati da ogni specie di divertimenti in balli, in musiche, in passeggiate per mare e, se volete, anche in amori cavallereschi; gli attempati poi in giuochi più o meno rischiosi…”  Naturalmente l’amena località non era, e non era giusto che fosse, ad esclusivo uso e beneficio dei residenti , ma “…quivi accorrono volentieri, o per rimanervi, o per visite agli amici ed ai parenti, quelli dei vicini paesi, o delle non lontane spiagge di Montepagano, Calvano, Silvi, Castellammare ecc. E’, per dir tutto in  breve, un vi vai de’ più animati che si possano vedere nelle nostre marine nella stagione de’ bagni. Chi non crede, venga e veda.”
E davvero c’è da credere che il luogo avesse qualcosa in più da offrire ai villeggianti, se si considera che essi venivano  a trascorrervi le vacanze da borghi situati comunque anch’essi sul mare come Silvi e Castellammare (Pescara).
Gabriello Cherubini, storico, umanista e letterato (Atri 1817-1892), lasciò alla sua morte un inedito e ricchissimo epistolario che potrebbe rappresentare interessante e stimolante oggetto di analisi e di ricerca per lo studio di personaggi e località dell’epoca.

Lo scritto esaminato, raccolto nella collana “Giovinezza” di B. E. Maineri, veniva offerto ai cittadini, nel 1880, come strenna natalizia.

martedì 1 aprile 2014

COSTA IL DOPPIO

Se si tornasse alla lira, come qualcuno auspica, cambierebbero molte cose. Senza nulla togliere agli economisti ed ai loro studi attenti e professionali, certo è che, allo stato attuale, cambierebbero davvero molte cose.  Il vero handicap economico è scaturito all'origine proprio dalla comparazione lira-euro, che fin dall'inizio, è stata fatta alla pari: 1000 lire = un euro. Ossia ciò che costava 1000 lire, all'improvviso, costava 1 euro, cioè poco meno di 2000 lire. Il doppio. Esempi? A migliaia. Sulle piccole cose e sulle grandi: una busta di lupini oggi costa 3 euro, cioè 6.000 lire (seimila lire!) . Un giocattolo di plastica , quai usa e getta, 15 Euro, ossia 30.000 lire (trentamilalire!!) Un'auto che costava 15 milioni oggi costa 15.000 euro, ossia 30.000 (trentamilioni!) . Il doppio!!!
Lo stipendio dei lavoratori dipendenti è stato invece comparato con il famoso convertitore ( a proposito che fine ha fatto quello che fu inviato a casa a tutti gli italiani?) Pertanto uno stipendio di 2.000.000 di lire è stato giustamente e correttamente convertito in 1.000 euro. Quindi la stessa entrata a fronte del doppio delle uscite.
Non c'è tanto da cercare per trovare le cause della crisi.
Rimettiamo le cose a posto a partire dal rapporto lira- euro. Andiamo a ritrovare il convertitore di valuta.
Ed usiamolo nel modo giusto……….