mercoledì 30 marzo 2022

RILEGGENDO KANT - ANALITICA TRASCENDENTALE

Mentre nell’Estetica Trascendentale Kant si è occupato della percezione, nell’Analitica trascendentale tratta dell’intellezione. L’uomo oltre a conoscere gli oggetti nella loro particolarità,ha anche di essi un “concetto universale”. Io vedo, tocco questo o quel libro per via della sua “universalità”. Nella filosofia precedente i razionalisti, sostenitori delle idee innate, affermavano che l’intellezione è superiore alla percezione e, quindi, non è derivata da essa. Viceversa gli empiristi sostenevano che l’intellezione, in quanto derivata dalla percezione, è inferiore ad essa, poiché offre non una vera realtà, ma le immagini sbiadite di essa. Kant sintetizzò le due opposte esigenze sostenendo che l’intellezione, ossia il concetto, è superiore alla percezione (concordando quindi con i razionalisti), ma precisando che nello stesso tempo essa è derivata dalla percezione (concordando, così, con gli empiristi). Una volta giunti a questo punto il problema da risolvere era quello di spiegare come dalla percezione si potesse pervenire all’intellezione . Il passaggio viene così spiegato: l’intelletto genera dei giudizi. Essi possono essere di dodici tipi, raggruppati in quattro classi fondamentali di tre giudizi ciascuna, a seconda della qualità, della quantità, della relazione e della modalità. In base alla qualità i giudizi sono affermativi, negativi, indefiniti, in base alla quantità singolari, particolari, universali, in base alla relazione categorici, ipotetici, disgiuntivi, in base alla modalità problematici, assertori, apodittici. L’insieme di tutti i giudizi sopra elencati rappresenta i prodotti del nostro intelletto. Ad ognuno di essi deve corrispondere una particolare forma del nostro intelletto stesso che lo determina. Queste forme Kant chiama “categorie”. Secondo la qualità le categorie sono affermazioni, negazioni o dubbi. Secondo la quantità sono unità, pluralità o totalità. Secondo la relazione sono ipotesi o reciprocità. Secondo la modalità, infine, sono possibilità, esistenza, necessità. Si ricorderà che anche Aristotele nella sua logica aveva citato le “categorie” come modi di funzionare del nostro intelletto ai quali corrispondevano i modi di essere delle cose. C’era, insomma, piena corrispondenza tra il nostro pensiero e la realtà esterna. Per Kant le categorie sono soltanto dei modi di funzionare del nostro intelletto . Porsi il problema che ad esse corrisponda una realtà esterna è inutile e vano poiché l’unica conoscenza che possiamo avere è quella che può arrivarci dalle nostre facoltà soggettive , sicchè voler conoscere le cose in sé (“cogliere i noumeni”) è pretesa vana . La conoscenza, comunque, non è solo fatta di concetti universali. Esiste un “io trascendentale” ossia un’attività universale e necessaria, una sorta di coscienza individuale che dia unità a tutte le conoscenze le quali, senza di essa, rimarrebbero staccate e frammentarie. Questa unità di coscienza, che io debbo necessariamente supporre, non può, tuttavia, far nascere in me la pretesa di affermare l’esistenza di un’anima, ossia di un’entità spirituale. Nulla autorizza a passare dalla necessità logica dell’io trascendentale ad una sua necessità reale.

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