sabato 18 settembre 2010

GLI ANEDDOTI (Qui troverete le storie che non sono accadute e che ho raccontato e le storie che sono accadute e che non ho raccontato)

IO CHECCO E IL DERBY

Il feedback che mi giunge da molti visitatori che si sono mostrati gentilmente disponibili a leggere la mia ultima recensione (“L’uomo che credeva di non avere più tempo “ di Guillaume Musso) evidenzia compiacimento per l’armonia letteraria dell’articolo, condivisione sull’assunto di base e quindi sulla vanità della gloria terrena davanti alla reale imminenza della morte, ma rivela pure, da parte di qualcuno, il desiderio di accedere a letture più amene, che da quell’assunto, quantunque  inconfutabile, allontanino tuttavia  la mente.
Tengo conto di tale legittima aspirazione, giustificata in chi intende, nei momenti di svago, rifuggire da tematiche che mostrino, implacabilmente, i limiti di questo nostro vagabondare terreno.
D’accordo quindi con il leopardiano “Il dilettevole è utile sopra tutti gli utili” scaturito dall’animo del poeta in momento di grande rigetto per gli uomini e per la loro aridità mentale , racconto una storia tanto vera quanto farsesca che mi vide protagonista, anni fa, insieme con l’amico mio più caro, compagno di banco alle elementari, e poi alle medie, e poi rimasto amico, di quelli che il tempo non cancella.
E’ la vigilia del derby Roma-Lazio di tanto tempo fa. Io non sono tifoso, lui non è tifoso e non ama il calcio, ma un po’ per gioco, un po’ per stare dietro ad amicizie comuni, siamo entrambi calorosamente invitati  a trascorrere una domenica diversa e decidiamo di aggregarci ad un pullman organizzato. E’ un’esperienza nuova per ognuno di noi due . Ci avvertono che il ristoro è al sacco e che ognuno deve provvedere a portare con sé l’occorrente per fronteggiare l’intera giornata, colazione, pranzo e cena. Già qui qualcosa ci suona distorto: dovendo assistere ad un incontro che inizia alle ore 14,30, perché prepararsi anche alla colazione e alla cena? Sia l’una che l’altra potrebbero ben essere consumate a casa. Capiamo che ci stiamo sbagliando quando ci viene comunicato che la partenza è fissata alle ore 5,30  dalla piazza della Stazione di Giulianova, mentre il rientro è previsto per la mezzanotte e trenta, forse anche più tardi. Qualcosa non quadra, ma non riteniamo il particolare assolutamente ostativo.

Il viaggio di andata, durante il quale sia io che Checco ci eravamo promessi di recuperare un po’ del sonno perso per la levataccia,  è disturbato dall’ininterrotto concerto a sessanta voci di tutti i viaggiatori, esclusivamente tifosi di fede romanista, che cantano a squarciagola inneggiando alla disponibilità sessuale delle madri dei laziali ed evidenziando con grande folklore la copiosità delle relazioni extraconiugali delle loro mogli. Per non apparire di fede opposta, anche in considerazione del fatto che Checco, ignaro, indossa inopportunamente e pericolosamente una camicia celeste con i bordi bianchi, siamo costretti ad unirci al coro, con grande imbarazzo e con molta forzatura, andando in play back e muovendo in modo goffo le labbra, fingendo sommo entusiasmo.  
L’arrivo davanti allo Stadio Olimpico avviene alle ore 9,30, il che ci lascia ben sperare in qualche ora di libertà, da trascorrere magari in un bar davanti ad una ricca colazione. Ma non è così. Il tempo di scendere dal pulmann e siamo tutti vigorosamente sospinti nella stessa direzione. “”Corri, corri” gridano tutti a Checco che resta indietro sbigottito guardando l’orologio. “”Ma mancano cinque ore ..!!!”” “”Correte, correte”” ribadisce il capo- tifoso al megafono mentre veniamo trascinati e indirizzati a forza in direzione dello Stadio. Si corre affannosamente per circa quindici minuti. Quando accediamo all’interno dell’Olimpico tutte le scalinate e le tribune sono deserte, ad eccezione di una piccola porzione di curva, già affollata. “”E’ lì che dobbiamo andare”” sancisce il capo-tifoso che, intanto, si è avvolto in una bandiera giallorossa dalla testa ai piedi.  Suggerisco a Checco di fare altrettanto e di abbandonare per strada la sua camicia celeste e lui resta con la maglietta intima, di lana. Acquisto una bandiera giallorossa e gliela butto addosso, a mo’ di mantello.
Con somma fatica riusciamo a sistemarci tra alcuni facinorosi impegnati ad inviare urla e gestacci alla curva opposta dalla quale, di ritorno, arrivano cori, insulti, offese, allusioni in merito alla  scarsa potenzialità sessuale di chi tifa Roma e  richieste di incontri per il dopo partita, non certo per un amichevole terzo tempo.
Checco sistema il piccolissimo zainetto, contenente i nostri panini, al suo fianco. Ma dura poco. Dal basso un aitante tifoso indica  quel minuscolo spazio, poco più di 15 centimetri, e urla con veemenza”E’ libero quel posto?” Senza aspettare risposta sale su, invitando un suo amico a seguirlo e poi insieme, ignorando la legge dell’impenetrabilità dei corpi, si sistemano accanto a noi.
Non riusciamo a consumare la colazione al sacco perché il sacco, compresso tra i deretani della folla, non può essere aperto. Rinunciamo. Inizia la partita.
Dalla nostra postazione, data la lontananza, i calciatori sembrano formichine vaganti, ma nonostante ciò, il nostro vicino, evidentemente dotato di vista superiore, ravvisa un fallo di mani sfuggito all’arbitro e, istintivamente, afferra la prima cosa che gli capita a tiro (la radiolina che Checco aveva all’orecchio, per ascoltare musica, dato il suo disinteresse per la partita) e la scaglia con violenza in direzione del direttore di gara. Attesa l’enorme distanza, però, colpisce solo uno spettatore della gradinata inferiore che inferocito sale precipitosamente verso di noi e strappa l’auricolare dall’orecchio di Checco sferrandogli uno spintone che lo fa barcollare ma non cadere per via del totale contatto con altre masse corporee. Recuperare la radiolina neanche a pensarlo.
Inizia a piovere. Previdente quant’altri mai l’amico Checco ha sempre con sé un ombrello di quelli chiudibili, comodissimo, adatto ad ogni occasione. E’ la volta buona per usarlo e per evitare una inopportuna e dannosa bagnata. Il tempo di aprire l’ombrello, e quindi di limitare parzialmente la visibilità ad alcuni spettatori delle gradinate superiori e, a riprova della grande spontaneità della gente ciociara, arriva dall’alto una scaricata di mondezza mista, contenente bucce di banana, avanzi di pane , tranci di mortadella, bucce di frutta varia e bicchieri di carta usati.
 Il messaggio, peraltro assai più efficace e persuasivo del tradizionale e conformista invito a chiudere l’ombrello, ci costringe a continuare a gustare l’incontro sotto l’acqua che scroscia, e ad invidiare palesemente chi siede sulle poltroncine della tribuna coperta. La bandiera che avvolge il mio amico si dimostra assai presto inadatta a proteggerlo: la sua maglia di lana si impregna d’acqua ed inizia a diffondere un odore diverso da quello della lavanda. Quando la Roma segna l’unico gol della partita sia io che lui siamo costretti ad abbracciare alcuni vicini che sono in preda ad una sorta di incontenibile delirio. Nonostante la pioggia sferzante Checco è obbligato a svestire la bandiera e ad agitarla  in segno di gioia esponendosi ancora di più alle intemperie.
E’ finita. L’altoparlante annuncia che per motivi di sicurezza i tifosi della curva romanista lasceranno lo stadio per ultimi. Sono le 19,30 quando inizia la lenta marcia di uscita, accompagnata, sotto la pioggia,  da cori e danze tribali che si protraggono fino a tarda notte. Forse per atavico rigetto nei confronti delle massive esplosioni di gioia non riusciamo a godere appieno di quegli indimenticabili momenti di felicità  e ci appartiamo in un angoletto a consumare quel che resta di alcuni panini inzuppati d’acqua e compressi come sogliole.
Poi si riparte. E’ passata la mezzanotte. Ma sul pullman “nessun dorma”. Riprendono canti e cori, urla di gioia, grida isteriche, commenti e lodi sperticate ai giocatori.
Arriviamo alla stazione di Giulianova alle ore 2,30 del mattino.
Prima di lasciarci,  solo un laconico commento del mio amico, visibilmente provato, non credo per via dell’emozione che scaturisce dalla vittoria della Roma : “” La prossima volta la partita la guardo in televisione. Ma, come dicono tutti,  sicuramente sarà un’altra cosa…””-

Nessun commento:

Posta un commento